VIDEO | L’inchiesta della Dda evidenzia la mancanza di controlli sulle dinamiche criminali nel penitenziario. In carcere l’ex direttrice Paravati. Il ruolo delle donne: indagate compagne, mogli e madri dei reclusi. Sulle loro carte prepagate grossi movimenti di denaro
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Quella del penitenziario di Catanzaro era una «gestione inquietante». Pochi controlli sulle dinamiche criminali nel carcere permettevano l’ingresso di apparecchi telefonici e il traffico di stupefacenti. Colpiti dalle misure cautelari disposte dal gip su richiesta della Dda di Catanzaro, oltre che gli stessi detenuti anche congiunti, operatori della polizia penitenziaria e appartenenti alla amministrazione penitenziaria. In carcere è finita anche l’ex direttrice dell’istituto Angela Paravati.
«Si tratta di una misura cautelare che è stata richiesta dalla Direzione Distrettuale di Catanzaro ed emessa dal Gip in quanto sono state ritenute sussistenti le gravità indiziali in ordine ad un'associazione dedita all'interno dell'interno dell'istituto penitenziario di Catanzaro al traffico di sostanze stupefacenti oltre che al sistematico ingresso di apparecchi telefonici all'interno del carcere e poi tutta un'altra serie di condotte che sono state consumate in esecuzione di programmi di queste due associazioni relative allo spaccio di sostanze stupefacenti quanto a plurimi ingressi in carcere di apparecchi telefonici». È quanto spiega in conferenza il procuratore della Repubblica Vincenzo Capomolla sull'operazione che ha portato all'arresto di 26 persone accusate di traffico di droga, corruzione e truffa.
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«Si tratta di un'organizzazione criminale, secondo quello che è stato ritenuto dal Gip, di integrante gravità indiziale perché avvenuta e realizzata all'interno dell'istituto penitenziario, un luogo di custodia di soggetti che sono stati ritenuti dalle autorità competenti come soggetti che devono subire delle limitazioni domiciliari, e quindi particolarmente inquietante - ha spiegato Capomolla - che all'interno di un istituto penitenziario avvengano vicende di questo genere, ma che potevano operare anche grazie a una serie di condotte che venivano consumate da soggetti che detenuti non erano, o avevano rapporti con i detenuti in quanto congiunti, o erano preposti alla vigilanza e al controllo delle regole all'interno dell'istituto penitenziario. Sono stati interessati dalla misura cautelare sia soggetti detenuti in carcere, sia agenti della Polizia penitenziaria, oltre che appartenenti all'amministrazione penitenziaria stessa».
«La presenza qui al tavolo oltre ai carabinieri del comando provinciale di Catanzaro che la Procura vuole ringraziare per l'attività di indagine particolarmente complessa, c'è la presenza del commissario Chiappetta del Nucleo di Investigazione centrale perché l'attività investigativa dei profili interni è stata effettuata dalla Polizia Penitenziaria che sta a significare come il sistema penitenziario abbia gli strumenti per vigilare sul rispetto delle regole da parte di tutti e far emergere anche condotte illecite».
Un ruolo fondamentale, secondo quanto emerso, lo avrebbero svolto le donne per il supporto dei compagni detenuti. Nell'inchiesta è rimasto coinvolto un numero consistente di donne, compagne, mogli e madri. Inoltre, investigazioni sono state svolte su carte prepagate intestate ad alcuni degli indagati. È emerso su come alcune di queste carte nel giro di 4 mesi siano state registrati movimenti di denaro in ingresso per 35mila euro presumibilmente riconducibile allo spaccio di sostanze stupefacenti all'interno dell'istituto penitenziario