Non solo si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma neppure si è presentato davanti al procuratore di Perugia Raffaele Cantone. Il pm antimafia Antonio Laudati, indagato nel caso sui presunti dossier, in concorso con il tenente della Finanza Pasquale Striano per accesso abusivo alle banche dati, falso e abuso d’ufficio, non si è presentato davanti al procuratore. Ha preferito non parlare e ha affidato una nota al suo avvocato, il professor Andrea Castaldo. Laudati chiarisce di non aver mai costruito dossier o effettuato accessi a sistemi informatici e spiega di non conoscere neanche i giornalisti indagati.

Aggiunge poi di non essere mai stato contrastato dall’allora procuratore della Dna ed ex procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho: «Nei casi contestati nell’invito a comparire, mi sono limitato a delegare al gruppo Sos (Segnalazione operazioni sospette, ndr) della Dna approfondimenti investigativi, in piena conformità alle leggi, alle disposizioni di servizio e sotto il pieno controllo del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo». E ancora: «Tutti gli accertamenti erano determinati da esigenze investigative, nell’esclusivo interesse dell’Ufficio e riguardano persone da me non conosciute e rispetto alle quali non avevo alcun interesse personale né alcun intento di danneggiare».

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Poi va all’attacco: «È in atto un ampio dibattito, su tutti i media nazionali, in cui mi vengono attribuiti fatti gravissimi (e sicuramente diffamatori) che risultano completamente differenti dalle contestazioni indicate nell’invito a comparire, notificatomi in data 26 febbraio 2023, soprattutto diversi dalla realtà che conosco». Nega inoltre di aver avuto il compito di monitorare il finanziere Striano: «Non rientrava tra i miei compiti di sostituto procuratore quello di controllare il personale di polizia aggregato alla Dna, né quello di verificare gli accessi alla banca dati».

E annuncia: «Non appena avrò la possibilità di conoscere formalmente gli atti, non mi sottrarrò alla esigenza di fornire tutti i chiarimenti necessari per l’accertamento della verità, la piena correttezza del mio operato e affermazione della giustizia, nella quale credo fermamente. Ora ho preferito non presentarmi per evitare il clamore mediatico». Laudati è accusato dalla procura di Perugia di aver realizzato quattro dossier falsi: uno contro il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, un altro contro il pericolo di una speculazione edilizia di fronte alla sua casa al mare e altri due legati al riciclaggio di denaro nelle squadre dilettantistiche e nel mondo dei procuratori sportivi.

Le parole di Laudati hanno riacceso la polemica attorno al magistrato oggi parlamentare del M5S. «Prima era una questione di sensibilità politica, che il senatore M5S non ha avuto, ora è semplicemente urgente che lo faccia – dice la deputata di Italia Viva Isabella De Monte –. Il vicepresidente della commissione Antimafia Cafiero De Raho si deve astenere dal partecipare alle sedute della commissione. Non può essere pesantemente coinvolto dall'inchiesta sul dossieraggio e commissario al tempo stesso. Le dichiarazioni del pm Antonio Laudati gli impongono un passo indietro».

Interviene su X anche il parlamentare di Iv Davide Faraone: «Questi del M5S sono grandi esperti in conflitti d'interesse, naturalmente sempre solo quando non riguardano loro. Nessuno del Movimento si accorge della macroscopica inopportunità della partecipazione di Cafiero De Raho alle sedute della Commissione Antimafia sull'inchiesta dossieraggio? Visto che lui non mostra alcuna sensibilità al riguardo, nessun "sacerdote" della correttezza e della moralità gli suggerisce di lasciare, soprattutto dopo le dichiarazioni del pm Antonio Laudati che afferma che l'ex Procuratore Antimafia era al corrente di tutto? Magari potrebbe rimettere piede in Commissione come persona da ascoltare, non certo come componente visto che direttamente coinvolto nell'inchiesta».