«Io sono abituato a ragionare separatamente di politica e di argomenti tecnici. Per l’uno e per l’altro c’è un filo conduttore: chi tenta di offendere è perché non ha argomenti». Inizia con una precisazione che non attiene alla questione di merito Valerio Donato. Il docente di diritto privato all’Umg è stato nei giorni scorsi interpellato da LaC News24 per aiutare a dirimere alcune questioni controverse che sembrano ostacolare la nascita di una azienda unica a Catanzaro.

L'atto che non c'è 

In particolare, l’asserita assenza di un atto fondativo dell’azienda universitaria Mater Domini - così come emerso durante le sedute della commissione paritetica, poi recepite all’interno del programma operativo – che sarebbe d’ostacolo alla nascita di una azienda integrata con l’ospedale Pugliese Ciaccio. Tuttavia, quelle dichiarazioni sono divenute oggetto di una replica piccata, a cui il docente ora intende rispondere per chiarire ulteriormente alcuni passaggi dirimenti.

I dati sono oggettivi

«Sotto il profilo politico, tendenzialmente, non sono campanilista ma lo divento quando si tenta di aggredire la mia città senza un sistema regionale» precisa Donato. «In questo caso, si tenta di far passare come il bene di tutta la regione Calabria ciò che è appannaggio di Cosenza a scapito di Catanzaro. Sotto il profilo tecnico, invece, nessuno può contestare l’evoluzione della vicenda e i dati, che sono oggettivi».

Non uno, ma due dpcm

Entra così nel dettaglio della querelle il docente universitario: «Il dca firmato dal presidente della Regione prevedeva la necessità di due dpcm sulla base del presupposto che il decreto di costituzione dell’azienda Mater Domini fosse nullo. Il primo per “sanare” l’atto di nascita dell’azienda; il secondo per costituire l’azienda ospedaliera universitaria».

Il policlinico esiste

«La prima affermazione è assolutamente infondata – chiarisce Donato - perché il decreto costitutivo dell’azienda Mater Domini è pienamente valido ed efficace, in virtù di una legge regionale (26/1994) pienamente coerente con la legislazione nazionale all’epoca vigente. Se è necessaria l’adozione del (secondo) dpcm è probabilmente rimesso alla interpretazione delle norme».

Il secondo dpcm

«Comprendo che le “possibili interpretazioni” possano infastidire qualcuno ma le diverse prospettive sono legittimate soltanto da argomentazioni congrue e non già da affermazioni di principio e autoreferenziali. Si dimentica che, nel sistema previgente, le aziende ospedaliere in cui era previsto un corso in medicina sono state sottoposte ad uno statuto normativo diverso dalle mere aziende ospedaliere. E che a tali aziende non era applicabile il decreto 502/1992 né, probabilmente, il decreto 517/1999, i quali sono stati concepiti per molti versi come corpi normativi applicabili alle aziende “costituite” dopo la loro entrata in vigore».

Approcci interpretativi

Da qui la tesi del docente secondo cui l’azienda universitaria non avrebbe bisogno né del primo né del secondo dpcm, il quale tuttavia concede: «In ogni caso, comprendo bene che ci possano essere interpretazioni differenti; tutte, beninteso, meritevoli di attenta considerazione se adeguatamente argomentate. È possibile che si possa ritenere necessario allo stato attuale l’adozione di un dpcm quale conclusione dell’articolato iter sperimentale previsto dalla legge ma, probabilmente, non già per la “costituzione” di una azienda che esiste quale ente integrato nel sistema universitario ormai da decenni».

Distinguo

Una seconda riflessione il professore di diritto privato la riserva poi alle dichiarazioni del presidente del Consiglio Regionale, Filippo Mancuso, il quale sempre in una intervista a LaC News24 aveva criticato la posizione assunta dal sindaco Nicola Fiorita, sulla vicenda: «La questione universitaria non può essere confusa con l’amministrazione dei servizi comunali. Si può essere certamente in disaccordo, e io lo sono, su molte delle azioni amministrative condotte dalla giunta Fiorita senza per questo esonerare alcuno dal censurare la costituzione ed il modo in cui si vuole istituire un corso di medicina a Cosenza».

I soldi che mancano

«E ciò perché non si tratta di ampliare l’offerta formativa ad un numero maggiore di studenti». Così argomento il docente: «L’attuale corso di studi che prevede 75 posti avrebbe infatti potuto ampliarsi ad un numero maggiore di posti. Il problema è che una facoltà di medicina ha costi per didattica e ricerca che difficilmente potranno essere sostenute in maniera equilibrata per due sedi».

Polverizzare risorse

«In presenza di finanziamenti adeguati, sarebbero ben accetti tutti i corsi di studi anche in numero elevato. Ma purtroppo le risorse a disposizione del sistema universitario sono limitate. E dunque senza campanilismi sarebbe opportuno rafforzare l’attuale corso di medicina piuttosto che polverizzare le risorse su tutto il territorio regionale».