«I fatti che hanno portato all’evento (…) non sono dovuti all’accidentale “rottura improvvisa ed imprevedibile della tubazione di collettamento del percolato dal bacino della discarica alla vasca di stoccaggio, con conseguente sversamento dello stesso percolato nel sottostante fosso Capoferro” (come affermato nella nota (…) inviata (…) dalla Bieco srl alla Prefettura di Cosenza) ma alla presenza di una condotta abusivamente installata all’interno dell’invaso (al di sotto dello strato impermeabile), ben nota all’odierno indagato, oltre che ad un insieme di irregolarità poste in essere nel corso della realizzazione dell’ampliamento della discarica, nonché durante la relativa messa in esercizio e gestione, fatti che (…) appaiono “giustificarsi” nell’esigenza della proprietà di ottenere l’apertura della discarica nei più brevi termini possibili, in spregio ai rischi ambientali connessi».

Nessun incidente, dunque, scrive il gip del Tribunale di Castrovillari Luca Fragolino nell’ordinanza con cui dispone il sequestro preventivo della discarica per rifiuti speciali non pericolosi di località Case Pipino a Scala Coeli, rigettando la richiesta di arresti domiciliari per Eugenio Pulignano, amministratore della società Bieco srl proprietaria dell’impianto, ritenendo «che non ricorrano esigenze cautelari da soddisfare mediante la richiesta della misura coercitiva».

Al centro, lo ricordiamo, lo sversamento di percolato avvenuto il 22 giugno 2023, evento – ricorda il gip nella sua ricostruzione – che ha interessato «un’area estesa 15 km» esponendo a pericolo la popolazione di tre comuni: Scala Coeli, Cariati e Crucoli. Una situazione «catastrofica» viene definita nell’informativa conclusiva dei carabinieri del Nipaaf (Nuclei investigativi di polizia ambientale agroalimentare e forestale) allegata al fascicolo.

Le modifiche all’impianto originario

L’ordinanza del gip ripercorre passo passo quanto accaduto in quei giorni, facendo poi un salto indietro e rilevando una serie di anomalie nei lavori di realizzazione e nella gestione dell’impianto mai venute alla luce, se non nei diversi esposti e segnalazioni di associazioni e cittadini. Anomalie che sarebbero all’origine della fuoriuscita di materiale inquinante.

Tutto nasce dal decreto 14284 del 20 novembre 2019 con cui la Regione Calabria autorizza la Bieco a una «modifica sostanziale dell’impianto» che prevede la costruzione di un nuovo bacino accanto a quello già esistente, modifica che porta la capacità di abbanco a 650mila metri cubi di rifiuti. Un lavoro che comporta, come ricorda il gip nell’ordinanza, «la realizzazione di un impianto di drenaggio e aspirazione del percolato comprensivo di cisterne per lo stoccaggio temporaneo dei liquidi destinati a trattamento, un impianto di convogliamento e trattamento delle acque meteoriche nonché lo scarico di acqua superficiale».

L’autorizzazione contiene però anche una serie di prescrizioni, come quella che stabilisce che «l’effettivo esercizio della discarica dovrà essere condizionato al completamento dei lavori di adeguamento della viabilità comunale e provinciale di accesso» o un'altra secondo cui «la raccolta e l’allontanamento delle acque di percolamento, prodotte dalla nuova vasca della discarica» devono «avvenire con modalità e frequenza tali da garantire la completa rimozione del percolato insistente al di sopra del sistema di impermeabilizzazione».

A ottobre 2021 la Regione autorizza poi la modifica «non sostanziale» che prevede, tra le altre cose, l’unificazione dei due lotti in cui, in base al progetto originario, era diviso il secondo invaso in via di realizzazione. L’11 ottobre 2022 la Bieco comunica l’ultimazione dei lavori chiedendo di poter avviare il conferimento dei rifiuti nella nuova vasca. Pochi giorni dopo la richiesta viene reiterata dando per evasa la prescrizione riguardante la strada di accesso sulla base di una relazione firmata dal direttore dei lavori Giuseppe Tomei in cui, scrive il gip, «si assicuravano interventi “ampiamente sufficienti a garantire l’obiettivo di un attraversamento in sicurezza del torrente Patia”». In aggiunta, riporta ancora l’ordinanza, «si rassicurava la premura di non far percorrere con mezzi di conferimento l’alveo fluviale mediante “presidio h24” di personale incaricato dalla società».

Il sopralluogo di verifica dell’Arpacal si svolge il 24 ottobre 2022 e in quell’occasione il funzionario incaricato non riscontra – come riporta il verbale del giorno successivo – «alcuna criticità ambientale tale da impedire le operazioni di conferimento dei rifiuti in discarica». Il 25 ottobre 2022 l’impianto può dunque entrare in funzione.

Gli esposti di Legambiente

Ma le presunte anomalie oggi al vaglio della Procura entrano in scena quasi subito. Già a dicembre infatti il circolo Legambiente Nicà presenta il primo esposto, seguito a stretto giro da altri due, in cui segnala – si legge nelle carte – «la presenza di massicce quantità di percolato all’interno del nuovo invaso della discarica». Presenza testimoniata da alcuni video i cui fotogrammi sono finiti nell’ordinanza.

«Va rilevato, al riguardo – evidenzia il giudice per le indagini preliminari –, come nonostante solo a fine ottobre 2022 fossero iniziati i conferimenti dei rifiuti, a neppure due mesi di distanza l’invaso si presentava ricolmo di percolato (…) evidentemente non venendo adeguatamente allontanato in violazione delle prescrizioni di cui al provvedimento autorizzativo».

Tra le segnalazioni di Legambiente anche quella secondo cui «per raggiungere la discarica gli automezzi guadavano il torrente Patia, con conseguenti ripercussioni sotto il profilo ambientale, nonostante l’autorizzazione avesse subordinato l’inizio delle attività di conferimento soltanto ad avvenuta ultimazione della nuova strada di accesso».

Con due note successive il Dipartimento Ambiente della Regione chiede ad Arpacal di verificare entrambe le situazioni. Il sopralluogo avviene il 2 gennaio 2023 e non vengono rilevate anomalie né riguardo alla strada né alla presenza di percolato nell’invaso, al cui proposito «il gestore – scrive il gip sulla base del verbale redatto dall’Agenzia regionale – affermava che dette operazioni di rimozione erano in corso di completamento, aggiungendo che era stato attivato l’impianto ad osmosi inversa per il trattamento in sito del percolato».

Impianto che invece, come si rileva più in là nell’ordinanza sulla base delle dichiarazioni di un dipendente della Bieco, sarebbe stato attivato solo il primo marzo 2023, «peraltro con funzionalità ridotta alla metà di quanto previsto in progetto».

«Prescrizioni non soddisfatte»

Rileva il gip Fragolino: «È evidente (mentre stupisce come tanto non sia stato oggetto di alcuna valutazione critica da parte degli organi preposti) come nel gennaio 2023 – a distanza di alcuni mesi dall’avvio dell’esercizio e a dispetto di quanto previsto dal titolo autorizzativo – non fossero ancora iniziati i lavori relativi alla realizzazione della nuova strada di accesso». E più in là: «Tanto (…) induce a ritenere che alla data di apertura della discarica non erano ancora stati soddisfatti tutti i criteri di cui alle prescrizioni autorizzative».