Lo tireranno giù domenica mattina, con 400 chili di esplosivo piazzato negli angoli giusti per farlo implodere su se stesso come un soufflé tirato via dal forno troppo presto. Una fine cinematografica, con tanto di parterre di autorità politiche in prima fila, per uno degli sfregi più eclatanti alla bellezza cruda della costa crotonese.

Un monumento alla bruttezza alto sei piani e grande 6mila metri quadri, calato come un brutto sogno a un passo e mezzo dal mare di Torre Melissa, proprio a lato della 106. Un parallelepipedo gigantesco in cemento armato che neanche il brutalismo più visionario, tirato su quasi mezzo secolo fa durante il boom edilizio che naufragò tra migliaia di non finiti e troppo a lungo segno tangibile della tracotanza mafiosa della locale di Cirò.

Per anni, prima del sequestro, nel 2007, seguito all’operazione del reparto operativo dei carabinieri di Crotone “piazza pulita”, il palazzone abusivo spuntato tra i filari dei vitigni e il mare aveva ospitato un mobilificio riconducibile a Costantino Mangeruca, “il falegname”, africoto con un cursus honorum ‘ndranghetistico lunghissimo e considerato proprietario, al momento del sequestro, di un impero immobiliare fatto di 39 proprietà e del valore stimato in circa 30 milioni di euro sparpagliato tra Melissa, Africo e l’hinterland milanese. Un patrimonio che non aveva trovato alcuna giustificazione economica lecita e tornato allo Stato con un decreto di confisca che risale al 2012. Domenica, a distanza di 11 anni da quel provvedimento e su impulso della giunta Occhiuto, lascerà il posto ad un’area di parcheggio per camperisti.

Arrivato da Africo, via Milano, fino a Torre Melissa, Mengeruca, ora deceduto, era considerato dagli inquirenti «personaggio noto da tempo alle cronache giudiziarie, inserito a pieno titolo nella malavita organizzata e figura di prestigio della consorteria mafiosa della provincia di Crotone, organicamente inserito nella cosca Farao-Marincola di Cirò». Già sottoposto alla sorveglianza speciale e al divieto di soggiorno in Lombardia, Mangeruca, raccontano le carte, era arrivato a Torre Melissa dopo una reclusione di 12 anni per un omicidio avvenuto, nel 1955, proprio ad Africo. Considerato come punto di collegamento tra le cosche del crotonese e quelle del reggino, aveva piantato il centro del suo impero economico nei sei piani del mobilificio che verranno abbattuti tra una manciata di giorni, a parziale risarcimento dell’ennesimo sfregio edilizio sbattuto in faccia ai calabresi.

Era stato l’ex presidente Oliviero, nel 2018, a chiedere (senza peraltro avere trovato le risorse per farlo) l’abbattimento dell’ecomostro di Torre Melissa, ma si è dovuto aspettare fino a qualche mese fa quando la Regione ha stanziato i fondi necessari (700mila euro in tutto) alle operazioni di abbattimento e alla successiva costruzione della nuova piattaforma per accogliere gli escursionisti in arrivo in camper.

«Sarà una giornata storica per la Calabria» ha fatto sapere nei giorni scorsi il Governatore Roberto Occhiuto che domenica mattina sarà in prima fila, assieme al ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani e al vice ministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, calati da Roma per assistere a uno spettacolo che, anche se arrivato con notevole ritardo, potrebbe segnare il primo passo verso il ritorno alla bellezza di un territorio già fortemente colpito dalla mano dell’uomo.