350 pagine che ripercorrono 20 anni di rinvii e promesse mancate sul porto di Diamante. È questo il contenuto del dossier che i rappresentanti del gruppo consiliare "Diamante futura"Pino Pascale e Giuseppe Savarese, hanno inviato nei giorni scorsi al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Secondo i due componenti della minoranza, la procura dovrà vagliare le presunte analogie tra la recente inchiesta giudiziaria Lande desolate e le vicende che caratterizzano la mancata realizzazione dell'opera nella città guidata dal sindaco Gaetano Sollazzo.

La questione del porto di Diamante

La concessione rilasciata a una società privata per la realizzazione dei lavori risale al 1999, ma da allora le operazioni sono proseguite a singhiozzo a causa dei ritardi e dei ripetuti rinvii legati anche alla burocrazia, tanto che ancora oggi il porto è un miraggio e l'area su cui dovrebbe sorgere, anziché in un attrattore turistico si è trasformata in una discarica a cielo aperto.

Il paragone con l'inchiesta Lande desolate

A spingere Savarese e Pascale a scrivere un dossier sulla questione, è stata l'inchiesta dello scorso dicembre "Lande desolate", che si propone di fare luce sulle vicende che ruotano attorno all'aggiudicazione degli appalti dell'impianto sciistico di Lorica e dell'aviosuperficie di Scalea. Secondo quanto riportano gli atti giudiziari dell'indagine, alcuni dirigenti pubblici avrebbero favorito una società, in quel caso facente capo all'imprenditore Giorgio Ottavio Barbieri, che pur gravemente indebitata, e quindi impossibilitata a tener fede agli impegni assunti, avrebbe ottenuto fondi non dovuti mediante certificazioni fasulle. Circostanza che avrebbe impedito il regolare svolgimento dei lavori e il conseguente completamento. Per i rappresentanti di Diamante futura al porto starebbe accadendo la stessa cosa. La loro ipotesi fa leva sul fatto che alcuni dirigenti incaricati di sbrigare pratica diamantese siano gli stessi indagati nell'inchiesta "Lande desolate".