La Procura di Vibo, che ha scoperchiato il "diplomificio" con centro nell'Accademia Fidia di Stefanaconi, ha già in mano nomi e cognomi di oltre 40 soggetti che avrebbero sborsato denaro per ottenere false attestazioni
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Si allargano a “macchia d’olio” le indagini dei carabinieri – coordinati dalla Procura di Vibo Valentia – che hanno portato all’inchiesta “Diacono” e, quindi, a scoperchiare il “diplomificio” che avrebbe la sua “centrale” nell’Accademia Fidia di Stefanaconi gestita dalla famiglia Licata. Sono infatti ben 43 le persone di cui gli inquirenti hanno individuato nome e cognome e la cui completa identificazione è in corso. Lo si evince chiaramente dagli stessi capi d’imputazione elevati dal gip nei confronti degli altri indagati (alcuni dei quali arrestati).
Si tratta di soggetti nei confronti dei quali vengono ipotizzati i reati di falso in atto pubblico e abuso d’ufficio e che avrebbero pagato per ottenere falsi attestati di partecipazione a diversi corsi, come quello per l’ottenimento del certificato Pekit. Un’ipotesi di reato che vede fra gli indagati Davide Licata di Stefanaconi (finito in carcere) e Paolo Tittozzi, 75 anni, di Roma, presidente della onlus “Fondazione Sviluppo Europa” che avrebbe provveduto a redigere le false attestazioni in favore dei richiedenti.
In altra ipotesi di reato, invece, due ragazze avrebbero ottenuto le attestazioni relative ai 24 crediti necessari per l’insegnamento sborsando indeterminate somme di denaro che sarebbero finite, secondo l’accusa, a Michele Licata, preside dell’Accademia Fidia di Stefanaconi, il quale avrebbe falsamente attestato la partecipazione delle due ragazze ai corsi. Davide Licata, in questo caso, avrebbe ricevuto la richiesta di rilascio delle attestazioni da parte della moglie Rossella Marzano che le avrebbe trasmesse a Michele Licata affinchè lo stesso provvedesse a redigere delle false attestazioni in favore dei richiedenti. Tale contestazione copre un arco temporale che va dal 29 aprile al 7 maggio dello scorso anno.
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