«Hanno giocato con la vita di mia figlia. Adesso voglio giustizia non solo per quello che ha fatto Ciro Russo, ma anche per quello che non è stato fatto per lei. Chi ha sbagliato deve pagare anche chi ha armato la sua mano». Non si dà pace Carlo Rositani, il papà di Maria Antonietta, l’infermiera 42enne che dal 12 marzo scorso si trova ricoverata a Bari con il corpo completamente ustionato. L’ex marito , oggi in carcere, ha tentato di ucciderla dandole fuoco con della benzina. Una tragedia, avvenuta in via Frangipane a Reggio Calabria,  che ha scosso tutta Italia e ha gettato un’intera famiglia nella disperazione.

 

Carlo vuole giustizia anche da chi non ha sorvegliato bene Russo il quale è evaso dai domiciliari che stava scontando ad Ercolano e indisturbato ha percorso 500 chilometri per compiere la sua vendetta. «Gli hanno fatto il dono dei domiciliari- ci dice- fosse stato in galera a quest’ora mia figlia non stava in un letto di ospedale a provare sofferenze atroci. Lui in carcere avrebbe compiuto un percorso e la mia bambina sarebbe qua con noi. E invece, non solo ha avuto il coraggio di denunciare tutto quello che aveva subito, ma adesso deve anche lottare per vivere e sperare di tornare ad abbracciare i suoi figli». Ci sono tanti e troppi punti pochi chiari in questa storia e Carlo Rositani non riesce a darsi una risposta. Una risposta che infatti, è lo Stato a dovergli dare. Russo è stato arrestato il 22 gennaio dell’anno scorso in quanto aveva violato l’ordine del giudice di non avvicinarsi alla donna e alla casa familiare. Il 13 gennaio precedente si era infatti, presentato a casa ed è per questo che, nonostante siano passati 11 giorni dal fatto, il gip aveva ordinato emesso l’ordinanza di custodia cautelare. Passano pochi mesi e, nel maggio scorso, nonostante la condanna a 3 anni, rimediata in Appello, la difesa chiede la revoca della misura o in subordine la sostituzione della stessa. Il pubblico ministero di Reggio Calabria esprimere parare contrario, ma  il gip pur non accogliendo l’istanza di scarcerazione totale, dispone però i domiciliari ad Ercolano scrivendo che questa misura «si rivela invece proporzionata ai fatti e idonea a contenere il pericolo anche in quanto impone al Russo un allontanamento dall’ambiente nel quale sono maturati i fatti di reato» e quindi per la proposta dei domiciliari «si esprime un giudizio di idoneità, anche in considerazione dell’opportunità che si offre al Russo di vivere in un ambiente familiare».

 

All’uomo inoltre, era stato vietato di comunicare con qualsiasi mezzo, e con persone diverse dai conviventi; soprattutto gli era stato vietato di mettersi in contatto con Maria Antonietta. Invece,  Russo usava tranquillamente i social e anche Whatsapp. Basta accedere alla sua pagina Facebook e vedere le decine di post che pubblicava e i video in cui si auto-riprendeva mentre cantava canzoni d’amore. Alcuni messaggi poi, erano rivolti proprio all’ex moglie. In un’occasione aveva persino inviato dei video alla figlia Annie; circostanza che Maria Antonietta aveva denunciato e segnalato alle forze dell’ordine.

 

«Nessuno ha fatto niente- afferma disperato Carlo. Lui stava a casa tranquillo a giocare con i videogiochi, a chattare, a massaggiare e nessuno lo controllava. Doveva avere, come minimo, il braccialetto elettronico. L’avesse avuto- sottolinea con robbia Rositani- lo avrebbero arrestato subito e invece è riuscito a premeditare tutto e a venire qua a Reggio Calabria per uccidere la madre dei suoi figli con quella tanica che non era solo piena di benzina, ma era piena di odio». Carlo Rositani si sente in colpa; anche se la sua amata figlia ogni giorno gli ripete che non è colpa sua si sente responsabile di non aver impedito questa tragedia. «Ciro Russo l’ha minacciata di non dire niente, ossia di tutti i maltrattamenti che compiva, altrimenti se la sarebbe presa con me e con l’altro mio figlio Danilo. Mia figlia- ci dice con gli occhi pieni di lacrime-lo sapeva che avrebbe fatto una brutta fine, che prima o poi sarebbe venuto qua per sfregiarla. Lei pensava con dell’acido muriatico invece, poi- come si è visto- voleva proprio ucciderla e farla soffrire tra le fiamme».

 

C’è un altro punto di questa vicenda orribile su cui il padre di Maria Antonietta non riesce a comprenderne la dinamica. «I genitori di Russo-afferma- sostengono di aver avvisato, alle otto e cinque, i Carabinieri di Ercolano che il figlio non era in casa. Cosa hanno fatto i Carabinieri? Hanno avvisato qualcuno? Hanno avvisato la Polizia di Reggio? La polizia di Reggio ha contattato mia figlia? È stato lo stesso capo della Squadra Mobile a dire pubblicamente, e l’intervista è reperibile su internet, che è stata mia figlia a chiamarli quando ormai tutto era successo. Ed erano le otto e 40. In questi 35 minuti- ha concluso- perché non è stato fatto nulla per proteggerla? Perché non è scattato un protocollo che avrebbe consentito per tempo di metterla in sicurezza? La Polizia aveva il suo numero; lei là è andata a denunciare e la sua storia la conoscevano. Dopo, la stessa Polizia ci ha protetto tanto, sono stati degli angeli- ci tiene a precisare- ma in quei 35 minuti qualcosa doveva essere fatto per lei».

 

Nel tardo pomeriggio Maria Antoneitta affronterà il suo terzo intervento chirurgico. In ospedale sta soffrendo tanto. Il percorso per guarire sarà molto lungo. I fratelli, e il suo grande padre, ogni giorno sono con lei per darle forza e per affrontare  insieme il dolore;  un dolore che si sarebbe potuto evitare. Per lei, Carlo ha solo un messaggio: «Ti voglio bene e vincerai tutto questo. Andrai al processo e guarderai a testa alta chi ti ha fatto questo e supererai tutto. Non gliela daremo e tu non gliela darai vinta». Per Russo, che aveva accolto in casa come un figlio, Carlo Rositani ha solo una parola: «Sei un vigliacco. Chi tocca una donna è solo un vigliacco. Avrei preferito essere io al posto di mia figlia. A me doveva bruciare- afferma con rabbia e delusione- io non sarei scappato come ha fatto lui. Lui è scappato come fanno i vigliacchi e i ladri, perché lui questo è: un ladro di vita. E adesso voglio giustizia e quando mia figlia sarà davanti i giudici dovranno pensare che è una loro figlia».