È la prima ricostruzione degli scontri dopo il derby Cosenza-Catanzaro validata da un gip. Il giudice Sara Mazzotta analizza le informative della Digos di Cosenza e traccia un quadro di ciò che sarebbe accaduto, domenica 3 marzo, tra le 16 circa e la serata segnata dalle violenze. Un copione in tre atti che si conclude con il blocco dello svincolo autostradale di Rende dopo il confronto tra un piccolo gruppo di tifosi cosentini e gli ultrà del Catanzaro.

«Più di mille tifosi» e il cancello divelto

Il primo contatto tra Digos di Cosenza e supporter giallorossi sarebbe avvenuto alle 16,10 del 3 marzo scorso nei pressi del Centro sportivo Real Cosenza. «Scesi dai mezzi - appuntano gli agenti - i tifosi catanzaresi venivano incanalati verso la zona di pre-filtraggio e conseguentemente indirizzati, attraverso i due cancelli installati, verso l’area di massima sicurezza del settore ospiti, da dove sarebbero potuti poi accedere attraverso i tornelli all’interno del settore dedicato». Lì, secondo la Digos, «solo pochissimi tifosi» avrebbero accettato di essere sottoposti ai controlli. A quel punto «una folla di tifosi catanzaresi, quantificabile in un migliaio di unità circa» avrebbe iniziato ad «accalcarsi e a spintonare i componenti del cordone di controllo e sicurezza». Nota a margine: i tifosi in trasferta sarebbero dovuti essere 800. L’annotazione di polizia chiarisce che erano molti di più e conferma i dubbi su quanto avvenuto prima della loro partenza con gli intoppi nell’acquisto dei biglietti che hanno generato confusione.

Dopo quei primi spintoni, il cordone di sicurezza sarebbe arretrato fino a un cancello. «Non paghi - continua il racconto degli agenti - i tifosi del Catanzaro» avrebbero divelto il cancello, gettandolo a terra e mettendo a rischio le forze di polizia in servizio.

Il gip smonta l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale

Il gip non condivide questa lettura: «I tifosi - scrive - sono stati incanalati» verso un’apertura che «consentiva il transito di pochissime persone per volta. Tuttavia, le persone che erano state incanalate presso tali luoghi erano numerosissime». Ed «è evidente che l’animosità dei momenti e la concitazione dell’occasione abbiano determinato una calca che ha, di fatto, concorso nel determinate la caduta del cancello e il suo danneggiamento». Il giudice evidenzia che alcuni degli indagati «si siano limitati a fare ingresso nell’area antistante lo stadio sfruttando il flusso e la pressione della folla che si incuneava nell’apertura predisposta dalle forze di sicurezza». 

«Per tale semplice ragione - scrive il gip - agli indagati non può addebitarsi la condotta di resistenza a pubblico ufficiale atteso che la loro condotta appare passiva agli eventi e volta semplicemente a fare ingresso nella struttura, così come erano stati autorizzati». 

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L’uscita dallo stadio alle 19 e gli scontri con i poliziotti

Secondo pezzo della ricostruzione. Dopo il derby vinto dagli ospiti per 2-0, gli ultrà lasciano lo stadio «alle 19, pur dopo vari tentativi di mediazione». La partita si è conclusa da poco, dunque viene valutato che non si debba attendere per accompagnare gli ultrà fuori dalla città: spesso invece i tifosi in trasferta vengono fatti aspettare per ore all’interno degli stadi.

Anche prima che il corteo di auto e bus arrivi allo svincolo ci sono disordini. Accade poco lontano dal centro sportivo Real Cosenza: due minivan si fermano e in strada scendono tifosi «armati di bastoni, cinture e con il volto parzialmente travisato da passamontagna». Inizia «uno sporadico lancio di pietre contro i Reparti schierati su viale Magna Grecia». C’è un contatto con le forze dell’ordine, altri ultrà scendo dai bus: la calma viene ristabilita «solo dopo una trentina di minuti». Il bilancio è di tre feriti tra le forze dell’ordine: gli agenti vengono colpiti con un bastone, una pietra in cemento e un’asta di ferro.

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La presenza dei cosentini allo svincolo e la caccia all’uomo

Nei pressi dello svincolo autostradale la situazione, già tesissima, deflagra. Sono ancora due minivan a fermarsi: ne scendono supporter giallorossi che brandiscono «bastoni, cinture» e lanciano petardi e fumogeni. Tutti oggetti che evidentemente avevano portato con loro da Catanzaro superando i controlli. Le immagini circolate sui social e l’analisi degli impianti di videosorveglianza installati nei pressi del Centro commerciale Marconi e del McDonald’s, fanno ritenere alla Digos «verosimile» la circostanza che una decina di tifosi cosentini che si erano confusi tra i clienti del fast food nella zona destinata ai tavoli all’aperto, «abbiano potuto lanciare all’indirizzo della rotatoria, dove, sul lato opposto stava stazionando il corteo scortato, due fumogeni di colore rosso e alcuni petardi».

Sarebbe, dunque, dopo questo lancio che una trentina di ultrà del Catanzaro avrebbero iniziato a correre verso il fast food, «dandosi alla “caccia”» delle persone presenti «pur se estranee a quelle dinamiche».

Ad avere la peggio è un cliente del McDonald’s, che diventa il primo testimone di questa storia di tifo violento. Racconta di essere stato «aggredito senza alcun motivo» e che gli ultrà «indossavano tutti delle felpe nere, avevano il volto travisato e brandivano tra le mani grossi tubi di ferro».

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«Se non ci ridanno il tifoso fermato non ce ne andiamo»

C’è un altro episodio che gli inquirenti decidono di evidenziare. Riguarda il fermo di uno dei tifosi catanzaresi «più agitati». Si tratta di un 51enne bloccato mentre insegue alcuni ragazzi e portato in Questura. La sua “scomparsa” dal campo provoca la reazione dei supporter del Catanzaro che alle 21,10 chiariscono di non essere disposti ad allontanarsi dalla rotonda se l’uomo non tornerà nel capoluogo assieme a loro.

La Digos, in quelle ore, riesce a reperire un audio che circola su alcune chat dei tifosi catanzaresi. Il file viene trascritto e riportato nell’informativa consegnata agli inquirenti. «Noi siamo tutti quanti fermi e non ce ne vogliamo andare se non ci lasciano prima il nostro tifoso, siamo tutti fermi, abbiamo bloccato tutto Cosenza se non ci danno il tifoso. Al limite la Polizia lo identifica e ce lo libera e poi al limite domani se lo va a prendere, però se ora non viene questo ragazzo con noi, noi non ci spostiamo di qua».

Vengono riportati dal gip anche i contenuti di una conversazione «informale» tra il tifoso fermato e gli agenti della Digos. L’ultrà avrebbe riferito «che lui e gli altri venendo in trasferta avevano già considerato il rischio di scontrarsi con gli omologhi del Cosenza Calcio o con le forze di polizia, accettandone sin da subito le conseguenze in ragione di un non meglio specificato “codice Ultrà”». Il 51enne nella conversazione informale avrebbe anche detto di ritenere «accettabile» il rischio che quei comportamenti potessero portare a gravi conseguenze. Dopo quello scambio, gli agenti lo riportano allo svincolo, dagli altri ultrà, per sbloccare la situazione e porre fine alla serata di follia che ha sporcato il derby.