Una messa in Cattedrale, una corona di fiori all’ex commissariato per omaggiare i due coniugi trucidati il 4 gennaio 1992. Un percorso giudiziario lungo e travagliato e c’è chi vorrebbe riaprire il caso
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Un giorno di festa, andando verso l’Epifania. Il corso affollato per le consuete passeggiate, conosciute come “vasche”, poi il tragico rumore degli spari, il rapido diffondersi della notizia: «Hanno ucciso il sovrintendente Aversa, in centro a via Campioni».
La moglie Lucia Precenzano sarebbe spirata dopo poco, inutile il tentativo di salvarla. Da quel quattro gennaio 1992 intriso di sangue sono passati trenta anni esatti. Ma la ferita ancora non si rimargina, continua a sanguinare nonostante i punti di sutura dati dal tempo e dalla giustizia.
Oggi nella Cattedrale di Lamezia Terme il vicario della Diocesi don Pino Angotti ha officiato una messa in loro memoria al cui termine è stato deposto un fascio di fiori lì dove, a pochi passi dalla chiesa, aveva all’epoca sede il commissariato di polizia.
Presenti oltre che i familiari dei due coniugi, con i tre figli in prima linea, le forze dell’ordine, unite nel ricordo di un uomo distintosi per la sua intransigenza e dedizione al lavoro.
Presente alla commemorazione anche il procuratore della Repubblica di Lamezia Terme Salvatore Curcio e il presidente del Tribunale Giovanni Garofalo, oltre che il sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro.
Tra ricordo e commozione sono passati trenta anni. Quella via non si chiama più via dei Campioni, l
a super testimone dell’epoca si è rivelata essere tutt’altro ed è sparita e vive in una località nascosta dopo avere anche ricevuto una medaglia al valore civile dal Presidente della Repubblica Scalfaro.
Tra colpi di scena, testimonianze ritirate, innocenti tirati in mezzo sono passati trenta anni da quell’esecuzione, perché tale fu. Tre decadi di ombre, depistaggi, imbarazzanti “pali investigativi” fino anche all’ipotesi di riapertura del processo.
Era un poliziotto impegnato il sovrintende Aversa, un uomo dello Stato, indagava con piglio e spirito di sacrificio, senza avere timore di gettare lo sguardo su temi scomodi. Le indagini si indirizzarono sin da subito sulla malavita locale e su possibili testimoni oculari, visto che l’omicidio si era consumato in centro città in un orario in cui c’era in giro molta gente.
La super testimone
Si fece avanti una donna, Rosetta Cerminara, una donna esile e minuta che sarebbe diventata prima un’eroina, una super testimone, colei che aveva messo a repentaglio la propria vita per amore della giustizia, poi, dopo anni, una millantatrice condannata per truffa aggravata ai danni dello Stato, falso e calunnia.
Come in una fiction di serie B negli anni venne fuori una verità meschina: per vendicarsi del suo ex fidanzato la Cerminara accusò questi e l’amico. Giuseppe Rizzardi e Renato Molinaro finirono in un primo momento in carcere, ma vennero poi assolti segnando un clamoroso fallimento delle indagini ancora oggi studiato come esempio giudiziario.
La svolta con i pentiti
Bisognerà aspettare il 2000 perché due collaboratori di giustizia della Sacra Corona Unita pugliese, Stefano Speciale e Salvatore Chirico, confessino di essere i killer e di avere premuto il grilletto per conto di Antonio Giorgi, presunto esponente dell’omonimo clan di San Luca, dietro la promessa dell’annullamento di un debito per droga. A tirare le fila di tutti i burattini sarebbe stato il boss Francesco Giampà poi condannato. Tanti i punti ancora oscuri, gli interrogativi senza risposta, tanto che più volte si è parlato di una possibile riapertura del processo.
Il progetto dell’Associazione Antiracket Lamezia
L'Associazione Antiracket Lamezia, insieme con la Fondazione Trame e il sostegno di A.G.E.S.C.I Zona del Reventino e di altre associazioni, ha proposto di istituire una “Giornata della Memoria Lametina delle Vittime di ‘ndrangheta”. La data del 4 gennaio è una tappa importante in questo cammino di riappropriazione della verità storica, che ALA Onlus onora oggi intitolando la sala principale di Civico Trame, centro culturale polivalente, alla donna, educatrice, madre e moglie, vittima innocente del duplice omicidio che sconvolse la città di Lamezia Terme nel 1992.
La targa a Lucia Precenzano, docente stimata, in via degli Oleandri, contribuirà a mantenere sempre vivo il suo ricordo in un presidio di cittadinanza eclettico che propone ai giovani e ai volontari che lo frequentano percorsi educativi e culturali fondati sui principi della legalità e della partecipazione civica.
La sua figura negli anni è spesso rimasta nell’ombra, talvolta oscurata da quella intransigente e carismatica del marito, memoria storica locale del Comando di Polizia, e dai risvolti della vicenda.
Lucia si era macchiata unicamente della colpa di aver voluto stare accanto ad un uomo col quale condivideva valori e ideali.I suoi sogni, la sua vita ingiustamente spezzata, il suo coraggio di donna, oggi sono un pungolo per l’impegno contro la ‘ndrangheta.
La proposta dell’istituzionalizzazione della “Giornata della Memoria lametina delle vittime di ‘ndrangheta” del 24 maggio, per la quale l’iter istruttorio è già stato avviato, è emblematica perché ricorre nell’anniversario dell’altra strage mafiosa, quella del 1991 nell’ex comune di Sambiase, in cui persero la vita i due giovani netturbini dipendenti comunali Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano.
I due attentati terroristico-mafiosi, del ’91 e del ’92, sono strettamente connessi tra di loro: al primo seguì lo scioglimento per infiltrazione mafiosa del Consiglio Comunale di Lamezia Terme, a pochi mesi dal rinnovo elettivo dell’amministrazione, aprendo il biennio nero dell’attacco della ‘ndrangheta alla città che vedrà poi, il 4 gennaio 1992, l’altro gravissimo agguato.
Oggi, a trent’anni di distanza dai fatti, il valore istituzionale e sociale della lotta alle mafie non può che tradursi in un impegno quotidiano di resistenza e contrasto, espressione della volontà collettiva di non dimenticare e non rassegnarsi ulteriormente all’assedio costante e silenzioso della criminalità organizzata sul territorio.