Una lettera aperta per parlare di Calabria, di una sanità fatta a brandelli e di una politica distruttiva. È quanto traspare nel documento a firma dell’imprenditore antimafia Antonino De Masi. Ne riportiamo il contenuto.

«Avevo deciso di non parlare più di politica, né di occuparmene, ma, sollecitato da più parti e visto gli avvenimenti attuali, ho deciso da cittadino di scrivere alcune mie considerazioni libero da vincoli e richieste di consenso o di appartenenza. Sicuramente i contenuti di questa mia creeranno avversità in tutti i  luoghi di “potere”, ma rispondono solo alla mia coscienza. 

Certamente vedere il baratro, il fondo che ha toccato la mia, la nostra regione, mi  stravolge l’esistenza. Nessuno di noi avrebbe immaginato il livello di “nefandezze e porcherie” in cui  siamo costretti a vivere e lo stato in cui è stata ridotta questa terra. Quanto sta emergendo è solo la punta dell’iceberg dei crimini ed abusi commessi ai danni della Calabria e dei suoi cittadini; situazione questa che non è certo figlia di un infausto “destino divino” ma di ben chiare responsabilità».

Il fallimento della politica

«Abbiamo una classe politica che negli ultimi decenni ha pensato esclusivamente al proprio tornaconto distruggendo in modo indegno il futuro dei calabresi. Non c’è settore della Pubblica amministrazione che è stato esentato da tali brutali comportamenti.

La “classe politica” sembra una parola astratta e spesso viene indicata nello scaricare responsabilità su soggetti impersonali, dimenticando invece che non sono soggetti “astratti ed indefiniti”, ma si tratta di quegli stessi soggetti che noi tutti abbiamo scelto, anche più volte, delegandoli a rappresentarci. Sono sempre quei soggetti, responsabili di tutto questo, ai quali ognuno di noi, che oggi protestiamo, sino a ieri come dei “pecoroni” abbiamo dato il nostro voto e le nostre speranze facendoci abbindolare con promesse ed impegni».

La pandemia

«Mai potremo cambiare questo stato di cose se non acquisiamo la piena consapevolezza che tutti noi siamo pienamente e totalmente responsabili di ciò.  Continuare a scaricare la responsabilità sugli altri non cambierà le cose ma le aggraverà, perché null’altro succederà, se non che al prossimo giro di “carte” i soliti soggetti ritorneranno a dettare le regole del gioco continuando a massacrare ancora di più questa terra.

Forse oggi tutti noi omertosi cittadini (inutile ritenersi offesi da queste mie parole, perché questa è la verità!) siamo stati messi concretamente di fronte al risultato dei nostri errori, abbiamo visto che il male fatto a questa terra ci tocca direttamente, mettendo a repentaglio il nostro presente ed il domani nostro e delle nostre famiglie; non  avere sanità, non avere diritti, ci dovrebbe fare avere la piena consapevolezza che dei criminali ci hanno condizionato la vita. Oggi la pandemia ci ha fatto scoprire che “il bene pubblico” è qualche cosa che ci riguarda, non è la “mucca da mungere o il bene da distruggere” ma è il nostro concreto domani. 

Questa presa di coscienza collettiva forse potrebbe responsabilizzarci per il futuro, anche se di ciò, guardando a quanto accaduto in passato, ne dubito fortemente.

Io avrei voluto cambiare il mondo, mi sono speso per la mia terra e per la mia gente, sono un orgoglioso calabrese che ha pagato e sta pagando prezzi altissimi proprio per questo, ma non credo più nella mia gente; noi tutti abbiamo contribuito a normalizzare il nostro essere, le nostre bruttezze, il  vivere come un paese del terzo mondo privo di liberta e dei diritti primari, accettando i vari “padroni e padrini”. Siamo solo bravi a lamentarci per poi non fare nulla per cambiare».

I mali della Calabria

«L’emergenza derivante dal Covid ha fatto emergere in modo drammatico le nostre ferite aperte, i nostri drammi e le nostre povertà e ci ha dimostrato il male che noi, non altri, abbiamo fatto alla nostra terra, alla nostra gente ed ammazzato anche il domani dei nostri figli.

Nel merito di quanto sta succedendo mi sono chiesto cosa farei, come agirei, se fossi colui il quale avesse potere e ruolo politico di intervenire, e quali sarebbero i temi sui quali attivarsi:

  • Parlerei alla gente, a tutti i calabresi, siano essi di destra o di sinistra, per dire che non è questo il momento delle divisioni e contrapposizioni  politiche; abbiamo il dovere di salvare la nostra terra e la nostra gente e per far ciò occorre unirsi e far emergere i nostri valori e la nostra dignità per affrontare la realtà in cui ci troviamo.
  • Individuerei figure, fuori dalla politica partitica, rappresentative di tutti i pensieri e ideologie chiamate ad intervenire su punti specifici, per creare insieme un momento di incontro per costruire una nuova classe dirigente.
  • Spiegherei ai partiti politici che oggi il tema non è più quello di individuare un presidente a cui affidare il comando politico della regione e dove poi i partiti con il solito metodo “imbarcano” tutti i portatori di voti. Non è il nome del presidente che può cambiare le sorti della nostra terra, ma bensì una nuova classe dirigente che non può essere figlia di quei partiti e quei metodi che sino ad oggi hanno portato al disastro nel quale ci troviamo. Continuare con l’apparente scelta di un nome, lasciando in mano alle segreterie dei partiti la formazione delle liste, figlie delle solite logiche del compromesso, non porterà a nessun cambiamento, anzi porterà certamente all’intervento della magistratura che sarà chiamata a fare, come ormai accade ciclicamente, nuovamente pulizia.
  • Stilerei un programma con dei punti da affrontare subito che siano forti e chiari e senza possibilità di incomprensioni, spiegando ai calabresi che non si può certo promettere tutto, ma occorre concentrare tutta l’attenzione su alcuni temi specifici sui quali intervenire seriamente e prontamente».

Un programma per la Calabria

Ed entrando nel dettaglio:

  • «Sanità pubblica. Occorre attuare un programma di riapertura degli ospedali e di una sanità diffusa sui territori. La sanità deve tornare ad essere principalmente una sanità pubblica e dove il privato se vuole competere deve farlo sul livello e qualità delle prestazioni e non certo per l’assenza totale della sanità pubblica. Concentrare quindi ogni attenzione e senza un minimo di esitazione sul sistema sanitario pubblico, bloccando gli spazi indebitamente lasciati occupare ad una sanità privata peraltro non sempre all’altezza.

  • Lavoro e sviluppo. Diventa obbligatorio individuare degli strumenti che possano generare immediatamente occupazione, non certo fra 10 anni ma ora e subito. Questo in una regione in ritardo su tutto è quasi impossibile: l’unico strumento è quello di una forma di compensatore di cui ho già scritto nel recente passato, dove a tutti coloro che fanno impresa in Calabria viene applicata un’esenzione fiscale, una forma di no tax area, un’area a tassazione di vantaggio che consentirebbe di attrarre investimenti e creare insediamenti produttivi nella nostra regione. Questo strumento è l’unico che può dare risposte immediate anche in presenza delle forti criticità che esistono e che verrebbero compensate dagli importanti vantaggi fiscali (strumenti già utilizzati con successo in Olanda, Irlanda, Madeira etc.).

  • Chiamerei il Governo alla realizzazione di un piano per la Calabria con l’obbiettivo di ripristinare  la legalità. Questi territori devono essere liberati dalla presenza opprimente della mafia, ciò è una precondizione senza la quale non vi è futuro e tutti gli strumenti utilizzati risulterebbero vani. Lo Stato deve impegnarsi con un piano chiaro e forte a rafforzare la lotta al crimine senza rinvii e tentennamenti.

  • Potenzierei con azioni chiare ed immediate alcuni settori che storicamente possono essere portatori di ricchezza, quali principalmente il turismo e l’agricoltura, creando dei percorsi per valorizzare, partendo dal basso, il brand Calabria. Ciò anche con una politica di attenzione all’ambiente, con una serie di interventi atti a ripristinare le bellezze dei nostri territori e la loro fruibilità.

Queste in estrema sintesi sono le cose che farei se fossi chi non sono, un uomo stanco che ha già dato tutto».

Una nuova classe dirigente

«Il mio invito ai calabresi tutti è quello di non commettere gli errori del passato e di individuare, uniti e non divisi, una nuova classe dirigente al di fuori della partitocrazia che è stata la causa di questi drammi, convergendo poi su una figura di garanzia, in Calabria ne abbiamo tante, che possa far rientrare tutti in questo progetto per la rinascita della Calabria.

Al momento la Calabria è una terra distrutta che non interessa purtroppo a nessuno ed anzi per i tanti è un problema, e l’unico miracolo che può farla resuscitare è il profondo amore dei calabresi per la propria terra. Non c’è nessun’altra possibilità se non quella data dalla forza e determinazione di ognuno di noi, ma dobbiamo capire che ogni centimetro di questa terra è casa nostra e abbiamo l’obbligo di tutelarla, cosa che non è mai avvenuta in passato. Il nostro futuro e quello dei nostri figli certamente non sarà tutelato da altri se non da noi stessi.

Questo è il mio pensiero che ho voluto rappresentare, scevro da interessi o forme di consenso che così come in passato sono lontani da me, il mio ruolo è quello di un imprenditore attento alla propria terra e che, nonostante tutto, è fiducioso o illuso del futuro».