Cerca, anzi confida, in donne e uomini liberi (parlando di gente di cui è stato collega fino a quando non ha deciso di dimettersi dalla Magistratura) che sapranno fare giustizia, “in grado di rimettere a posto la storia e la verità”, il sindaco di Napoli. Sì, proprio quel Luigi de Magistris ‘fresco’ di condanna in primo grado stabilita dal Tribunale di Lamezia per la diffamazione del suo ex procuratore aggiunto Salvatore Murone (rispetto a cui aveva solo minore anzianità di servizio, ma non un negli anni in cui lo stesso primo cittadino partenopeo era un giovane sostituto in servizio nella Procura catanzarese - che di fronte a questa sentenza esprime il suo rammarico attraverso un video, breve ma ricco di spunti, diffuso attraverso la sua pagina Facebook.

Il sindaco di Napoli si difende

De Magistris non accetta quanto deciso dai giudici fino al punto di esclamare: «Sono certo che interverrà una riforma da parte di magistrati autonomi e indipendenti». Spiega poi come l’affermazione ritenuta lesiva della reputazione del dott. Murone, pronunciata nella trasmissione televisiva de la7 Piazzapulita il 9 marzo del 2017, non fosse riferita a lui. L’ex Pm sostiene infatti: «Nell’intervista rilasciata a Formigli (il Corrado conduttore del programma della rete di Cairo, ndr) affermo ciò che ho asserito decine di volte e provato dalla storia: l’inchiesta Why Not mi fu sottratta da un sistema criminale all’opera contro di me. Lo conferma persino Palamara (il Luca altro ex pubblico ministero e membro togato del Csm che dopo la radiazione dalla Magistratura, con l’accusa di aver pilotato per interessi personali alcune nomine ai vertici di varie Procure italiane, ha fatto trapelare una serie di segreti sui suoi ex colleghi per così dire affidati a un libro-confessione dal titolo Il Sistema, ndr). Mi chiedo allora dove si integri la diffamazione? Ma ancor di più come faccia Murone a essere parte offesa se in quella trasmissione non lo cito. Mai. Senza contare che non fu lui a levarmi l’indagine».

Il sindaco è un fiume in piena e non lesina attacchi, anche se velati a un certo ambiente della magistratura, ventilando una ‘guerra tra toghe’ o una ritorsione per la sua scelta di candidarsi a governatore della Calabria. «Ho fatto il magistrato e non ho visto nulla di simile a quanto successo nell’occasione. Mi riferisco a un processo per diffamazione dove il fatto non esiste e la presunta parte offesa non è citata. Mi hanno evidentemente dato il bentornato in Calabria. Ma io non mi faccio mettere il bavaglio, né intimidire, da alcuno. Ho denunciato un comportamento criminale ai miei danni, dopo che la correttezza del mio operato è stata dimostrata in tutte le sedi giudiziarie così come l’illecita interferenza subita insieme ai collaboratori impegnati in investigazioni particolarmente delicate. E il tempo è stato galantuomo, dandomi ragione. Accadrà anche in tale circostanza e si capirà come si sia potuti arrivare a una condanna come questa in primo grado. Il bene continuerà però a prevalere sul male e sarà ristabilita la verità».