È una storia che non lascia presagire nulla di buono. Davide deve scontare una pena ma quella denunciata dalla sua famiglia è una realtà che si scontra con il fine della detenzione, ovvero la rieducazione. Davide sta male. E la sua condizione è ormai da tempo sotto i riflettori. Perché la famiglia teme il peggio. Il dolore, quello visibile, ancor più quello invisibile, ha portato già a tentativi di suicidio e le richieste adesso sono tormentate dalla possibilità che Davide non ce la faccia. È una richiesta di aiuto che non trova pace nelle lacrime di chi vede il proprio figlio soffrire da solo e senza intravedere una via d'uscita. Una condizione estrema, quella carceraria, che lascia emergere limiti e lacune, purtroppo, in tutta Italia.

La storia di Davide, un giovane che dietro le sbarre ha tentato più volte il suicidio. La famiglia lancia un appello accorato per riportarlo a casa e
dargli una possibilità di cura.

Davide Divino, 37 anni, è detenuto nel carcere di Rossano, in Calabria. Deve scontare ancora due anni per una pena la cui esecuzione si è trasformata in una tortura quotidiana, come raccontano i familiari. La famiglia racconta di un uomo ormai piegato dal dolore fisico e psichico. Serena, la sorella, descrive il fratello come una «bomba a orologeria» pronta a esplodere. «Mio fratello non riesce più a stare seduto, non riesce a stare sdraiato, non dorme la notte, e ha dolori che ormai sono insopportabili».

La madre, Marisa, aggiunge: «Oggi Davide è come un morto vivente. Si trova in una galleria buia, senza vedere la minima luce. Io desidero che trovi questa luce, che diventi un sole che illumini tutta la sua vita».

Davide ha già tentato il suicidio altre sei volte. Sei episodi che hanno lasciato segni indelebili sul corpo e sull’anima, ma non hanno scosso il sistema carcerario che continua a ignorare il grido di aiuto della famiglia.

Stamattina, raccontano i familiari, Davide ha nuovamente minacciato di togliersi la vita, fermato solo dalla disperazione dei suoi cari. Ora ha intrapreso uno sciopero della fame e delle cure, una scelta che nelle sue condizioni di salute potrebbe avere conseguenze fatali. La madre e la sorella denunciano che non è la pena a schiacciare Davide, ma le condizioni disumane in cui viene scontata.

La storia di Davide è quella di tanti detenuti in Italia, uomini e donne che entrano in carcere con l’illusione di potersi rieducare, ma che si ritrovano schiacciati da un sistema che li abbandona. Davide era prossimo alla laurea; gli mancava solo la tesi per completare un percorso che avrebbe potuto cambiare la sua vita. Sognava di aprire una palestra, di costruirsi una famiglia, di avere dei figli. Ora, invece, è un uomo spezzato. Serena racconta: «È entrato in carcere sano, aveva una fidanzata, dei sogni. Ora non ha più nulla. Non è ancora uscito, ma già oggi è profondamente depresso, senza una via d’uscita».

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