Infocontact, colosso dei call center oggi in amministrazione straordinaria, dovrà risarcire la Regione Calabria - in solido con il rappresentante legale Giuseppe Pane e con il responsabile delle risorse umane Paolo Braganò - per 2.240.388,13 euro. Sempre in solido, Infocontact, Pane e Braganò, unitamente ai dirigenti regionali Michelina Ricca e Cosimo Cuomo, dovranno risarcire la Regione per ulteriori 208.724,87 euro. Riconosciuto il titolo di «colpa grave», Cuomo dovrà pagare ulteriori 400.000 euro. Dichiarato prescritto un ulteriore credito, la sola ad uscirne indenne dal giudizio della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria è la dirigente regionale Concettina Di Gesu, assistita in giudizio dall’avvocato Antonietta La Monica.

I giudici contabili – Luigi Cirillo presidente, Natale Longo consigliere e Guido Tarantelli giudice relatore – si sono pronunciati sulla citazione formulata dalla Procura regionale della Corte dei Conti in seguito ad una informativa redatta dal Gruppo di Lamezia Terme della Guardia di Finanza, che segnalava un danno erariale commesso dalla Infocontact quale «beneficiaria di più agevolazioni per l’assunzione di lavoratori svantaggiati, molto svantaggiati e diversamente abili, sotto forma di integrazione salariale», attinti dal Por Calabria 2007-2013. In particolare il colosso dei call center aveva presentato domanda per assumere 101 lavoratori svantaggiati, 98 lavoratori molto svantaggiati e 8 diversamente abili, secondo un piano approvato dalla Regione.

D’altro canto, in seguito alle verifiche effettuate, la Corte dei conti europea segnalava alla Regione delle irregolarità nella domanda, evidenziando come tra gli assunti vi fossero lavoratori «svantaggiati o molto svantaggiati» che tali non erano poiché «poiché occupati sino a poco prima della data di assunzione e addirittura, in molti casi, già occupati presso la stessa Infocontact». Contestualmente veniva incardinato un procedimento penale a Roma, conclusosi con la prescrizione dei reati.

Ai dirigenti regionali veniva contestato di aver «consapevolmente e dolosamente omesso l’effettuazione dei dovuti controlli attestando, nei decreti di liquidazione, la non veritiera esistenza e non veritiera permanenza delle condizioni che davano diritto al beneficio dei contributi» e, anche dopo il controllo a campione fatto dalla Corte dei conti europea, avrebbero «omesso di riesaminare funditus il relativo progetto». Da qui l’invito a dedurre e la citazione in giudizio, all’esito del quale la Sezione giurisdizionale ha pronunciato la sua sentenza.