«Un quadro di desolante inerzia e disinteresse», «tardiva e inescusabile sciatteria». È così che la Procura della Corte dei Conti descrive l’azione di uno dei dipartimenti della Regione Calabria maggiormente interessati dal fenomeno delle frodi comunitarie. Si tratta del dipartimento Agricoltura i cui vertici – attuali e passati – sono stati citati a giudizio dalla magistratura contabile per un danno erariale di oltre otto milioni di euro.

Attuali ed ex

Colpa grave è la contestazione mossa nei confronti dell’attuale dirigente generale Giacomo Giovinazzo, di Rocco Leonetti in carica dal 2005 al 2010, di Giuseppe Zimbalatti, attuale rettore dell’università Mediterranea di Reggio Calabria e dirigente generale nel 2010 e nei confronti di Giancarlo Augello, responsabile del procedimento per l’istruttoria di tre ordinanze ingiunzioni di pagamento relative a frodi nella campagna agrumaria 2003/2004 finite nel mirino del nucleo antifrodi del comando carabinieri politiche agricole di Roma.

Le cartelle nulle

È infatti a partire dal settembre 2006 che si dipana l’articolata vicenda a cui ha messo un primo punto fermo il Tribunale di Palmi nel 2021 dichiarando l’illegittimità delle cartelle di pagamento – impugnate da uno dei destinatari – per nullità delle notifiche delle ordinanze ingiunzioni emesse dalla Regione Calabria. È da qui che si origina l’indagine della Procura della Corte dei Conti per danno erariale culminata nei giorni scorsi con la citazione a giudizio di quattro tra ex e attuali funzionari regionali. 

Cahiers de doléances

«Macroscopiche irregolarità nella notifica dei provvedimenti sanzionatori», «inescusabile trascuratezza», «abnorme imperizia», «palese negligenza», sono queste alcune delle espressioni utilizzate dai magistrati contabili per descrivere l’attività dei funzionari regionali dell'epoca, alcuni ancora in servizio, che si è conclusa con il mancato recupero delle somme oggetto di contestazione.

Ingiusto profitto

Nel settembre 2006 i carabinieri del nucleo antifrode trasmettono alla Regione Calabria tre verbali di contestazione relativi a «violazioni operate attraverso artifizi che avevano indotto in errore Agea e che avevano determinato la indebita corresponsione delle indennità comunitarie di aiuto». Diversi i beneficiari, tra persone fisiche e associazioni di produttori ortofrutticoli, finiti al centro delle indagini.

Il recupero delle somme prescritte

La Regione Calabria avrebbe dovuto recuperare quelle somme ma le ordinanze per l’ingiunzione di pagamento vengono emesse solo nell’ottobre del 2011 «emanate a termine spirato», tutte a firma di Giacomo Giovinazzo all’epoca dei fatti «responsabile del procedimento, redattore e sottoscrittore delle ordinanze ingiunzioni» ma anche «responsabile delle ordinanze di annullamento in autotutela».

L'azione in autotutela

Tra gennaio e febbraio 2012, infatti, il funzionario regionale emette le ordinanze di annullamento in autotutela per intervenuta prescrizione, proprio perché alcuni dei destinatari decidono di impugnarle. Non tutti, così per alcuni, e per uno in particolare, si procede con le iscrizioni a ruolo del debito ma neanche in questo caso il recupero delle somme non si perfeziona a causa dell‘errata notifica (dichiarata poi nulla dal Tribunale di Palmi, sentenza impugnata in Appello dalla Regione).

Il destinatario si è trasferito

Al primo tentativo di notifica tramite raccomandata è l’ufficio postale a restituire al dipartimento l’avviso con l’annotazione “trasferito”. Il secondo tentativo – sempre allo stesso indirizzo – avviene tramite messo notificatore del Comune che nuovamente restituisce l’atto alla Regione apponendo «di nuovo la dicitura “trasferito” con la indicazione in questo caso del comune di residenza effettiva e dell’esatto indirizzo».

La mente delle frodi

«Le ordinanze ingiunzioni sono state emesse a termine prescrizionale decorso, annullate in autotutela proprio per intervenuta prescrizione nei confronti dei coobbligati che le hanno impugnate» sintetizza la Procura della Corte dei Conti. «Non risultano emesse o notificate nei confronti di molti trasgressori mentre per altri non è stata rinvenuta agli atti la prova della intervenuta notifica. Inoltre, non è stata eseguita con la dovuta diligenza la notifica al massimo trasgressore, mente e responsabile delle violazioni contestate dai carabinieri». Tanto da essere dichiarate illegittime dal Tribunale di Palmi a cui quest’ultimo si è rivolto.

Centro di potere autonomo

Le indagini del nucleo antifrode avevano infatti ipotizzato «l’esistenza di un centro di potere autonomo e in conflitto con gli interessi dello Stato in grado di conformare l’attività amministrativa di funzionari pubblici infedeli al programma antigiuridico delle associazioni di produttori».

Illegalità diffusa

«Tali circostanze avrebbero dovuto determinare una immediata attivazione della risposta sanzionatoria della pubblica amministrazione competente, una reazione ancor più attenta e veemente a fronte di un diffuso ambito di illegalità favorito da dipendenti regionali infedeli». Ciò che per la magistratura contabile all'epoca non è avvenuto.

Il risarcimento del danno

Tutti sono stati citati a giudizio dalla Procura per ottenere la condanna al risarcimento in solido di oltre otto milioni di euro ma ripartiti per quote di responsabilità secondo l’apporto causale. Il maggior importo è stato imputato a Giacomo Giovinazzo, attuale dirigente generale del dipartimento Agricoltura, all’epoca dirigente di settore con competenza all’adozione delle ordinanze. Agli ex dirigenti generali Rocco Leonetti e Giuseppe Zimbalatti in misura minore per omesso controllo. E, infine, a Giancarlo Augello responsabile del procedimento per una percentuale residuale.