VIDEO | Francesco Provenzano ha fondato l'associazione Arco, con cui finanzia screening gratuiti a bordo di un camper. Su un totale di 300 esami finora effettuati, già a 6 persone è stato diagnosticato un tumore
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57 anni, di Roggiano Gravina, comandante dei vigili urbani di Sant'Agata d'Esaro, nel Cosentino, segni particolari: una forza da leoni, nonostante il dolore che si porta dentro. È l'identikit di Francesco Provenzano, l'uomo che il 21 maggio 2018 ha perso il suo punto di riferimento, la colonna portante della sua vita, la donna che aveva sposato 30 anni prima e che gli aveva dato due figli. Emilia Gatto se n'è andata dopo aver combattuto per un anno e mezzo contro un tumore, che prima s'è divorato lo stomaco, poi, a poco a poco, anche gli altri organi.
Ma quella di Emilia e Francesco non è solo una storia di angoscia e dolore, è soprattutto una storia di amore e di speranza, un esempio di unione famigliare e dignità. «Di mia moglie mi manca tutto - ci dice -, era una guerriera, la sua malattia l'ha messa sempre all'ultimo posto, ha lottato fino all'ultimo con le unghie e con i denti».
Dal loro dramma è nata un'associazione, Arco, Associazione Ri-Uniti Calabria Oncologia, e ad oggi già cinque persone sono state salvate dalla forza di Francesco. Dopo la sua dolorosa esperienza, organizza convegni in tutta la regione per parlare dell'importanza della prevenzione e finanzia esami di ecografia e mammografia, che vengono effettuati dai medici della Lilt, Lega Italiana Lotta ai Tumori, a bordo di un camper itinerante.
La malattia
È un giorno di agosto del 2016 ed Emilia e Francesco stanno tornando da una spensierata gita a Reggio Calabria. Emilia si sente poco bene, vomita e decide di fare un controllo. Si sottopone a un esame di gastroscopia e a una tac. I medici dicono che non ha nulla di grave e la operano alla colecisti in una clinica privata del Cosentino. La famiglia Provenzano tira un sospiro di sollievo. Ma da quella operazione Emilia non si riprende. Continua a stare male, ha spesso la febbre e accusa un mal di schiena che non le dà pace. Anche qui i medici la tranquillizzano, è scoliosi, di cui Emilia soffre da tempo. Ma una sera Emilia si sente male al punto da finire al pronto soccorso di Cosenza. Consigliato dai medici bruzi, Francesco richiede l'esito della biopsia effettuata durante la gastroscopia, perché nessuno gliel'aveva fatta ancora pervenire.
L'esito è agghiacciante: tumore allo stomaco in stadio avanzato. Dopo una visita approfondita, la sentenza diventa ancora più impietosa. Emilia ha non più di qualche giorno di vita. È l'autunno del 2016. Francesco si sente mancare la terra da sotto i piedi, ma dopo un lungo ed estenuante giro di telefonate, finalmente c'è un medico che accetta di curare la paziente, pur essendo in condizioni disperate. Si tratta dell'oncologo e ricercatore Pierpaolo Correale, che, dopo un'importante esperienza negli Stati Uniti, svolge la sua professione a Siena. Correale diventerà l'angelo custode di Emilia e la strapperà alla morte per altri 18 mesi, tenendola sotto la sua ala protettrice anche quando il professore sarà trasferito in Calabria, agli ospedali Riuniti di Reggio, dove la donna si recherà per le cure fino all'ultimo dei suoi giorni.
La nascita di Arco
È in Toscana che l'associazione Arco prende forma, tra i letti di una corsia d'ospedale dove sono ricoverati altri due conterranei di Emilia, Salvatore Stella e Mario Costolivo. Anche loro oggi non ci sono più, ma insieme hanno lasciato un'eredità importante. Se ne vanno via uno dopo l'altro e il dolore scava sempre più a fondo. Mentre è piegato dai lutti e la malattia di sua moglie continua la sua inarrestabile corsa, Francesco trova la forza, anche quella economica, di riunire la famiglia a Siena a regalare a Emilia tutto il calore famigliare di cui ha bisogno. Contro ogni previsione, Emilia muore un anno e mezzo dopo la tragica diagnosi. È un piccolo miracolo, pensa Francesco, che però è disorientato, stanco e provato dalla sofferenza.
Il tour di prevenzione e gli screening in camper
Emilia non c'è più e ricominciare a vivere è la cosa più difficile del mondo. Asciugate le ultime lacrime, Francesco capisce che il momento di reagire, anche perché ha una missione da portare a termine: salvare altre vite. Torna al suo lavoro, organizza incontri e convegni, durante i quali ripete a tutti, come un mantra, che il cancro si può combattere, ma solo se si fa prevenzione. Ma la Calabria è una terra martoriata anche dal punto di vista della sanità e gli ospedali, quelli rimasti, sono lontani dai centri montani e anche solo prenotare un esame, a cui rischi di essere sottoposto anche un anno più tardi, diventa un'impresa. Così Francesco raccoglie fondi come può, anche tramite donazioni spontanee, e con la sua associazione finanzia screening a chi ne ha bisogno. Uomini e donne. Gli esami vengono effettuati sul camper della Lilt, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, che finora ha viaggiato prevalentemente nella zona della valle del Savuto. Su 300 prestazioni effettuate, i tumori rilevati ad ignari pazienti sono già 6, di cui 5 ancora in vita e tutti sulla via della guarigione. Tutto qui? Macché, Francesco è un caterpillar e, aiutato dagli altri componenti dell'associazione, finanzia anche il brevetto di un vaccino antitumore già in fase sperimentale. Quando può elargisce camici, termometri, misuratori di altezza e bilance pesa persona negli ospedali pubblici. Piccoli gesti che in una regione come la Calabria rappresentano una boccata di ossigeno.
La prossima raccolta fondi il 22 novembre
Nella lotta contro il cancro non c'è un minuto da perdere e così, dopo gli screening gratuiti dei giorni scorsi, Francesco ha già in mente di aiutare altra gente. La prossima cena di beneficenza si terrà il prossimo 22 novembre in un ristorante di contrada Forestella a Roggiano Gravina, alla presenza di alcune modelle oncologiche. L'entusiasmo è già alle stelle.