Una tranquilla giornata di fine agosto trasformata in pochi minuti in un incubo infernale che ha segnato per sempre la vita di alcune famiglie e la comunità di Civita, in provincia di Cosenza. Sono passate da poco le 14 del 20 agosto 2018 quando un'ondata di piena del torrente Raganello travolge con un muro di acqua, fango e detriti, due gruppi di turisti che affrontano la risalita del canyon, meta desiderata da migliaia di visitatori ogni anno.

 

Le risate, la gioia, le foto ricordo cedono il passo al terrore, alle sirene, alle morti. Quel che prima era un luogo di svago e relax diventa in pochi attimi la tomba per dieci turisti ed un luogo di paura e angosce per molti altri che resteranno per ore intrappolati tra la natura, prima accogliente, ora selvaggia e violenta. Saranno decine i feriti soccorsi da una tempestiva macchina dell'emergenza che riverserà in quelle gole naturali che hanno fatto nel passato la ricchezza turistica del borgo arbereshe, centinaia di uomini del Soccorso alpino Calabria, della guardia di finanza, vigili del fuoco, carabinieri e polizia di stato, carabinieri forestali e protezione civile. Sarà fatto tutto il possibile per salvare e recuperare più vite, ma la furia dell'acqua lascerà sul letto del fiume dieci uomini e donne con i loro sogni, le loro speranze, i loro desideri e prospettive, annegate insieme ai loro corpi in quell'inferno che nessuno si aspettava e sorprenderà tutti, senza lasciargli scampo.

 

Ci sono madri e padri strappati ai loro figli, amici inseparabili, professionisti e appassionati dei viaggi, vite che in un attimo si fermano travolte da una furia naturale che non guarda in faccia nessuno e travolge tutto ciò che incontra seminando morte e distruzione. Alcuni dei corpi delle vittime verranno ritrovati a centinaia di metri di distanza dal Ponte del diavolo, il luogo simbolo di una tragedia che oggi Civita ha ricordato nel secondo anniversario di quella tremenda giornata, con un momento di preghiera e silenzio in ricordo delle vittime e delle loro famiglie presieduto dal vescovo di Lungro, Monsignor Donato Oliverio.

 

Antonio Santapaola e Carmen Tammaro, genitori della piccola Chiara la bimba salvata dalla furia delle acque la cui immagine (aggrappata alla spalla del suo soccorritore) resterà forse lo scatto simbolo di quella tremenda tragedia consumata nel Pollino, ma anche Myriam Mezzolla e Claudia Giampiero, le due amiche inseparabili arrivate per la vacanza di relax, cosi come Paola Romagnoli l'immunologa bergamasca, o l'agente di polizia penitenziaria Gianfranco Fumarola, Carlo Maurici street artist di Roma, e la sua fidanzata Valentina Venditti, Imma Marrazzo, avvocato di Giugliano in provincia di Napoli, e Antonio De Rasis, la guida del gruppo, cerchiarese di origine che proverà a mettere in salvo il gruppo prima di morire tra le onde mortali di quella piena improvvisa. Vite che raccontano spaccati di esperienze diverse, sogni e desideri, accomunati da quel luogo che li ha visti insieme lottare tra le rapide violente che hanno scaraventato a valle ogni cosa, lasciandoli vittime sul letto del fiume, tra lo strazio dei soccorritori e dei parenti a mano a mano che venivano ritrovati durante le ricerche. Per quella tragedia si cerca ancora la «verità» - come ha ricordato oggi il sindaco di Civita, Alessandro Tocci - e le «competenze» per avere il quadro reale di ciò che successe quel 20 agosto.

 

La Procura della Repubblica di Castrovillari ha aperto un fascicolo di indagine che vede indagate 14 persone accusate a vario titolo di omicidio colposo, inondazione, lesione colpose, omissione d'atti d'ufficio ed esercizio abusivo della professione. Il prossimo 4 novembre si terrà la prima udienza del processo. Secondo l'accusa fu ignorata l'allerta gialla diramata per quel giorno dalla protezione civile regionale.

 

Da allora le gole del Raganello sono ancora sotto sequestro preventivo e probatorio e non è consentito l'accesso. «Si continua a parlare di responsabilità - ha commentato il sindaco di Civita, indagato insieme ai sindaci di San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara di Calabria e alcuni titolari di agenzie turistiche e guide - ma non si parla mai di competenza, le competenze di chi sono nel momento in cui succede una tragedia. Io credo che prima della responsabilità venga la competenza, sapere chi è competente fa scaturire chi è il responsabile. Io spero nella verità, non nella giustizia» ha chiosato mentre i suoi occhi guardano quelle gole che ancora oggi sono il simbolo di una pagina dolorosa che brucia ancora sulla pelle di quanti l'hanno vissuta.

Il docufilm di LaC

All’indomani della tragedia, LaC realizzò uno speciale per ricostruire i fatti e intervistare i testimoni. Eccolo.