I delitti all’età di 24 anni, la tendenza a nascondere le sigarette in tasca per non lasciare tracce di Dna, la latitanza a Vibo e l’arsenale sotto al letto, la condanna in Rinascita Scott: «Uomo di Domenico Bonavota». Un dialogo con la magistratura che fa tremare i polsi alla ‘ndrangheta vibonese, e non solo
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Occhi di brace e mano ferma, da freddo killer implacabile. È un personaggio di primo piano della ‘ndrangheta vibonese quello che sta collaborando con la Dda di Catanzaro. Si tratta di Francesco Salvatore Fortuna, 44 anni, killer della cosca Bonavota di Sant’Onofrio. Ristretto dai primi di agosto in regime di carcere duro, i suoi primi verbali risalgono a qualche settimana dopo: 30 agosto.
L’omicidio Di Leo
Fortuna, a marzo scorso, era stato condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione per l'omicidio di Domenico Di Leo, alias "Micu Catalanu", ucciso, all’età di 47 anni, il 12 luglio 2004 nel centro abitato di Sant’Onofrio alle 2:30 del mattino mentre stava rientrando a casa dall'ospedale di Vibo Valentia dove si era recato per far visita alla cognata.
Quarantacinque colpi di fucile e kalashnikov vennero indirizzati verso la vittima.
Il delitto, secondo le indagini, sarebbe maturato al culmine di contrasti sulle modalità di gestione dell’area industriale di Maierato, centro limitrofo a Sant’Onofrio, entrambi confinanti con Vibo Valentia.
L’uomo che nascondeva le sigarette in tasca tradito da un guanto di lattice
A indicare Fortuna quale partecipe dell’omicidio furono l’esame del Dna su un guanto di lattice rinvenuto nell’autovettura utilizzata dai killer ed alla cui guida quella notte c’era Andrea Mantella, dal 2016 collaboratore di giustizia che indicò Francesco Fortuna quale appartenente al commando dell’agguato.
Uno smacco per un uomo noto nell’ambiente malavitoso – come racconta anche il collaboratore Raffaele Moscato – per essere particolarmente accorto tanto da nascondere in tasca i mozziconi di sigaretta perché nessuno potesse risalire al suo Dna.
L’omicidio Belsito
E non è questo l’unico omicidio di ‘ndrangheta che viene contestato a Fortuna. Il 20 luglio 2022, infatti, Fortuna era stato condannato, in sede di rito abbreviato, a 30 anni di carcere per l'omicidio di Domenico Belsito, avvenuto nel 2004 a Pizzo. Belsito venne ferito a colpi di arma da fuoco mentre si trovava in un bar di Pizzo e morì due settimane dopo nell’ospedale di Vibo Valentia.
Oggi, nel corso dell'udienza del processo d'appello per questo omicidio si è appreso della collaborazione di Fortuna. Un dialogo con la magistratura che fa tremare i polsi alla ‘ndrangheta vibonese e non solo.
Omicidio Cracolici
«L’omicidio di Raffaele Cracolici è stato direttamente commesso da me. Sono stato io a rubare il camion ed a mettermi alla guida, mentre a sparare sono stati Francesco Scrugli e Francesco Fortuna» Questo racconta il collaboratore di giustizia Onofrio Barbieri, nel 2023, sull’omicidio di Raffaele Cracolici, alias “Lele Palermo”, ucciso il 4 maggio 2004 a colpi di arma da fuoco a Pizzo Calabro per questioni riguardanti sempre il controllo dell’area industriale di Maierato. Delitto per il quale Fortuna è stato condannato a 30 anni di reclusione.
La latitanza nel 2008
Coinvolto nell’operazione “Uova del drago”, contro la cosca Bonavota, Francesco Fortuna si diede alla latitanza per 10 mesi prima di essere arrestato il 23 luglio 2008, all’età di 28 anni. La polizia lo rintracciò in una villa del quartiere Bitonto, a Vibo Valentia, dove venne trovato un vero e proprio arsenale nascosto sotto un letto: un kalashnikov, un revolver calibro 357, una carabina Winchester, un fucile calibro 12 semiautomatico, un fucile a pompa a canna corta, un migliaio di munizioni, un lampeggiante in uso alle forza di polizia, oltre a duemila euro in contanti.
La condanna in Rinascita Scott
Francesco Fortuna ha commesso gli omicidi che gli vengono contestati all’età di 24 anni. Da allora la sua scalata all’interno della cosca Bonavota è stata repentina. Condannato a 20 anni nell’ambito del maxi processo Rinascita Scott viene considerato dalla Dda di Catanzaro uomo alle dirette dipendenze di Domenico Bonavota «partecipando alla consumazione di reati fine del gruppo, anche di tipo omicidiario ed estorsivo, recapitando messaggi, facendo le veci di Domenico Bonavota».
Oggi ha molte cose da raccontare.