Dal selfie di Bari con i parenti di un capoclan al presunto incontro con un boss a Catania. Dagli imbarazzi dem di Torino agli arresti in Irpinia.

È il giro d’Italia di quella che un tempo si sarebbe chiamata questione morale. Accompagna la politica nella marcia di avvicinamento alle Europee e tocca tutti gli schieramenti. Con polemiche furibonde in Puglia per l’invio della Commissione d’accesso antimafia e nel Piemonte in cui il signore delle tessere (calabrese) del Pd Salvatore Gallo rastrellava consensi e accresceva il proprio potere tra piccoli e grandi favori. Ora che è indagato, suo figlio Raffaele ha rinunciato alla candidatura alle prossime Regionali.

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Molto più a Sud, la parabola del ras siciliano delle preferenze – 12 anni di fila sugli scranni dell’Assemblea regionale – illustra meglio di tutte il carattere trasversale della questione. Luca Sammartino, vice del governatore Renato Schifani, è un partito a sé. Oggi è un pezzo grosso della Lega ma ha raccolto oltre 66mila preferenze in tre tornate regionali passando per Udc, Pd, Italia Viva e Lega. A Catania è indagato per la quarta volta ed è portatore di un metodo che spazia tra incarichi promessi a parenti dei politici, aiutini per la farmacia di un consigliere che lo avrebbe sostenuto e il tentativo di ottenere informazioni sulle indagini in corso. E magari evitare guai peggiori con la bonifica della propria segreteria politica dalla presenza di cimici. È la (vecchia) logica della ’mmasciata che fa un passo in più: non bastano i favori per coltivare il consenso, servono anche contatti giusti per difendersi dalle inchieste e anticiparne gli effetti. Per Sammartino ci sono due accuse di corruzione e le dichiarazioni del pentito Silvio Corra: «Uno o due volte l’ho visto sicuro a casa di Vito Romeo», avrebbe detto, secondo il Fatto Quotidiano, mentre indica la foto del politico. Il guaio è che Romeo è un affiliato alla famiglia Santapaola.

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La Lega, raccontano i retroscenisti politici, è spaccata. Per Matteo Salvini – che Sammartino lo ha scelto – e il suo inner circle si tratta di giustizia a orologeria. L’opposizione interna invece alza la voce e, seppure in forma anonima, spiega: «Questa è la gente che ci siamo messi in casa». Da parte sua, il senatore Gian Marco Centinaio ammette a Repubblica che c'è un evidente problema di classe dirigente.

Claudio Durigon, che in Sicilia è commissario del partito, è più esplicito degli altri nell’attacco alla magistratura: «Premesso che siamo garantisti, esattamente come lo siamo stati per Bari e Torino, è sconcertante che per quanto le indagini siano state condotte tra il 2018 e il 2021 i provvedimenti siano scattati solo ora, a poco più di un mese dalle Europee. Siamo certi che Sammartino saprà dimostrare la propria innocenza». Walter Veltroni chiede che le questioni siciliani vengano trattate al pari di quelle baresi: «Le notizie dalla Sicilia sono gravissime. Chiederemo che anche la Commissione Antimafia si occupi al più presto della questione». Glissa su un punto: Sammartino fu eletto all’Assemblea siciliana anche sotto le insegne del Partito democratico.

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Fratelli d’Italia tace ma anche i meloniani hanno avuto la loro parentesi di imbarazzo qualche settimana fa. A Palermo è stato arrestato Mimmo Russo, ex consigliere comunale finito al centro di un’inchiesta in cui si mescolano mafia, massoneria e compravendite di voti. Fdi ha «immediatamente sospeso» Russo perché «le accuse lo rendono incompatibile» con il partito. Intervento tardivo per il Pd e il M5S (sempre in nome dell’altrui questione morale). Di certo si può riproporre un refrain: quello della magistratura che anticipa una politica troppo concentrata sul consenso e poco attenta a chi imbarca. Anche nell’inchiesta di Palermo il voto diventa, secondo l’accusa, merce di scambio: soldi e buoni benzina sarebbero finiti a esponenti mafiosi come un boss del quartiere Zen e poi sarebbero stati usati dai clan per comprare voti. Cosa nostra avrebbe così controllato le elezioni comunali e regionali.

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Ad Avellino, ultima tappa del giro d’Italia delle inchieste, l’ex sindaco Gianluca Festa (di area Pd, poi sostenuto da liste civiche) è finito al centro di un’inchiesta su presunti appalti pilotati. Il filone che ha coinvolto l’ex primo cittadino riguarda i finanziamenti destinati alla squadra di pallacanestro che milita in serie B. Festa, che è un ex cestista, si era dimesso il 26 marzo. In una conferenza stampa convocata dopo le perquisizioni e il sequestro di telefonini e computer da casa e ufficio, aveva rigettato ogni accusa. «Non c’è niente – aveva detto – perché non c’è mai stato niente e anche dalle perquisizioni non è emerso nulla. Perché noi siamo persone perbene e aspetteremo l’esito delle indagini». 

Da un’inchiesta all’altra la questione è sempre quella: la politica discute di anticorpi ma se ne dimentica quando in gioco entrano migliaia di voti. Ras e capibastone si accreditano grazie al consenso e alla loro capacità di “scippare” signori delle preferenze agli altri partiti. C’era riuscito da poco anche il catanese Sammartino, portando un big di Fratelli d’Italia sotto le insegne del Carroccio. Con le Europee alle porte certi movimenti si moltiplicano così come si spera di moltiplicare i voti, anche a scapito degli alleati. Per l’imbarazzo, ammesso che esista, c’è sempre tempo. Basta aspettare la prossima inchiesta.