Da settembre non ci sarà più possibilità di accogliere nuovi migranti nella tendopoli di San Ferdinando. Questa è la strategia proposta dal sindaco della cittadina portuale Andrea Tripodi in seno al Comitato per l’ordine e la sicurezza della provincia reggina. Una linea che dovrebbe portale a un graduale e definitivo smantellamento dell’ultimo campo migranti nell’area industriale e a una nuova strategia dell’accoglienza.
«Ho comunicato durante il Comitato – ha dichiarato Tripodi – la mia determinazione a procedere gradualmente al superamento della tendopoli, trovando riscontro positivo da parte della prefettura. Voglio che si capisca che San Ferdinando non può farsi carico di un problema così complesso».


Il primo cittadino ha incontrato il prefetto Massimo Mariani il giorno di Ferragosto, subito dopo il pestaggio di due cittadini africani da parte di un gruppo nutrito di italiani. Una rissa che ha reso manifesto un disagio, anzi una rabbia non più repressa e in gran parte ingiustificata, di molti cittadini della piana di Gioia Tauro nei confronti dei lavoratori africani. «La tendopoli che io ho fortemente voluto all’epoca – ha sottolineato il primo cittadino – doveva essere una soluzione temporanea, non certo definitiva. Adesso bisogna trovare altre soluzioni. L’unica non può essere l’accoglienza diffusa, intesa come mera distribuzione aritmetica dei migranti nei vari centri del territorio».


Il ragionamento di Tripodi parte dalla considerazione che, un territorio non più afflitto dell’endemica carenza di lavoro, sarebbe più propenso all’inclusione o, se non altro, meno incattivito.
«Solo il lavoro – ha aggiunto Tripodi – può diventare, per entrambe le comunità, condizione di integrazione e cittadinanza attiva. Serve, quindi, un ripensamento complessivo e critico che deve riguardare tutti».
In questo grande dialogo che dovrebbe coinvolgere tutti, Tripodi segnala l’assenza colpevole di due attori che potrebbero svolgere un ruolo di primo piano.
«L’entità morale – ha concluso il sindaco di San Ferdinando – è la chiesa, poi c’è la scuola. Queste due istituzioni dovrebbero partecipare a questo dialogo, ma per il momento non vedo segni in questo senso».