Il tentativo del “gruppo Morabito” di mettere le mani sui fondi del Decreto Rilancio passa attraverso una ricapitalizzazione affidata alla Human Unitec International, presente sul mercato Nasdaq. Ma per gli indagati «quei titoli non valgono niente»
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Un reticolo di rapporti societari ha portato i magistrati della Dda di Milano da Africo, terra del “Tiradritto”, agli Stati Uniti, dove le finanziarie collegate a Giovanni Morabito, figlio dello storico boss, avrebbero appoggi e referenti. L’inchiesta – culminata in 18 arresti nello scorso mese di ottobre – si spinge fino alle porte della Borsa di New York e, con la sponda di una fondazione onlus, addirittura nell’edificio delle Nazioni Unite. Sarebbero due gli strumenti utilizzati dal gruppo Morabito (non si può parlare di clan perché il gip nel mese di ottobre non ha contestato l’associazione mafiosa), con base a Milano e radici in Calabria, per lavorare sui mercati finanziari. Nel caso ricostruito dagli inquirenti, lo scopo sarebbe quello di una “banale” tentata truffa ai danni dello Stato. Il meccanismo, che punta sull’utilizzo di onlus ed enti benefici per ottenere aperture creditizie, torna in varie inchieste antimafia. Segno che si tratta di una delle (nuove) frontiere esplorate – è l’ipotesi investigativa – dalla criminalità organizzata per creare profitto e riciclare i proventi delle proprie attività.
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Il tentativo di mettere le mani sui fondi del Decreto Rilancio
Publidant Investment, Italpose e Suite sono le tre società che il gruppo Morabito, guidato dal figlio del “Tiradritto”, avrebbe utilizzato per la tentata truffa. È uno degli aspetti che raccontano l’evoluzione dei gruppi criminali che operano tra la Calabria e Milano. Quello indagato dalla Dda lombarda non è, per il gip, un clan di ‘ndrangheta. Le aderenze criminali del suo capo, la carica di “Vangelo” cristallizzata in una vecchia sentenza, i rapporti con colletti bianchi e imprenditori sono segmenti di un ponte che unisce due mondi apparentemente lontani. Lo scopo, in uno dei casi analizzati dai magistrati antimafia, sarebbe quello di realizzare false capitalizzazioni per mettere le mani sui crediti d’imposta previsti dal Decreto Rilancio, pensato dal governo ai tempi dell’emergenza Covid per aiutare le imprese in crisi.
La ratio della norma era quella di sostenere effettivi investimenti in denaro nelle imprese che avevano subìto un danno economico a causa della pandemia: un “premio” elargito con un credito d’imposta. Attorno alla natura degli investimenti sostenuti si attivano le strutture che fanno riferimento a Giovanni Morabito. Per entrare nel circuito del Decreto Rilancio vanno bene anche gli aumenti di capitale fino a due milioni di euro. Gli investigatori puntano i fari su Publidant Investment e scoprono dall’analisi dei bilanci societari due operazioni di aumento di capitale sociale «da 500 euro a ben due milioni di euro nell’arco di quattro mesi dell’anno 2020».
L’aumento di capitale e la società quotata a Wall Street
È questo aumento delle riserve a patrimonio a incuriosire gli inquirenti. Nel verbale di approvazione del bilancio, Massimiliano D’Antuono – considerato il braccio destro di Morabito – scrive: «Si fa presente che è previsto nell’esercizio 2020 l’aumento del capitale sociale della società per l’importo di euro 1.800.000 con l’utilizzo di obbligazione in capo alla società, le stesse già stimate e periziate, obbligazioni emesse dalla Human Unitec International Inc.».
Gli oltre due milioni indicati nelle riserve appaiono, dunque, in previsione degli aumenti di capitale realizzati nel 2020 «e posti alla base dell’ottenimento delle agevolazioni del Decreto Rilancio».
Per i magistrati quel bilancio è fittizio anche perché presenta sospetti aumenti del fatturato e del valore della produzione: un espediente studiato per «ingenerare nel sistema bancario l’apparenza di operare con un’impresa solida». I dialoghi intercettati negli uffici di via Vittor Pisani, alle porte del centro di Milano, rilanciano le preoccupazioni di alcuni soci su quei numeri “esplosi” in piena pandemia. «Sei milioni di euro con indebitamento zero…», sottolinea una donna in una delle conversazioni, a riprova del fatto che i dati contenuti nei documenti contabili appaiono dubbi. «Un fatturato così alto, dobbiamo dire che è stato vendite auto, edilizia… perché non possiamo presentare 5 milioni di euro di consulenze, perché uno dice… scusa…».
Serpeggia il timore dei controlli dell’Agenzia delle entrate. Una delle collaboratrici dell’azienda è molto esplicita: «Troppo casino qua, troppa gente che sa, che vede, che sene cioè… quando determinate situazioni sono più illecite che lecite perché lo possiamo dire che qui è più l’illecito che il lecito, giusto?». È chiaro a tutti che Publidant non riuscirà a passare i controlli e accedere ai fondi del Decreto Rilancio.
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La Human Unitec International Inc.
Il tentativo, però, avviene lo stesso. D’Antuono prova a utilizzare le obbligazioni della Human per mettere nero su bianco la ricapitalizzazione. Ed è a quel punto che gli investigatori si interessano alla società. Il “viaggio” li porta da Milano agli Stati Uniti, fino alle soglie di Wall Street. I controlli, però, non restituiscono buone notizie per i “compari” di Morabito.
La Human Unitec International Inc. è una società con sede nello Stato del Nevada e uffici in Florida, costituita nel 2002 «e, per quanto desumibile da fonti aperte, operante nel settore della progettazione di sistemi medicali, per l’energia e le telecomunicazioni». Sempre da fonti aperte, gli investigatori apprendono il nome del presidente e qualche notizia sul capitale azionario, che « risulterebbe detenuto da persone fisiche italiane e soggetti giuridici nazionali e stranieri, alcuni dei quali riconducibili a un cittadino italiano residente negli Usa o in Canada, gravato da numerosi precedenti penali, anche recenti, per truffa e, soprattutto, per fittizia creazione del capitale sociale proprio attraverso conferimento di titoli esteri privi di valore».
In diverse conversazioni, gli indagati nell’inchiesta della Dda di Milano avrebbero indicato la Human «come società di loro proprietà». Lo stesso Morabito fa riferimento alla «disponibilità di una società “quotata alla Borsa Americana con cui possono fare tante cose, tipo la Onlus dentro le Nazioni Unite”, chiaramente alludendo alla Human Unitec International Inc.».
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La fondazione umanitaria con gli indagati nel board
In effetti la Human risulterebbe avere un partner con accesso alle Nazioni Unite: dal 2007 sostiene la fondazione Msk Kinesis, organizzazione senza scopo di lucro registrata presso le organizzazioni Ecosoc (il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, ndr) ed Esango dell’Onu. Nella richiesta di misure cautelari i pm appuntano che «sempre da fonti aperte risulta la Msk Kinesis Foundation attiva quale fondazione umanitaria» e «tra le persone indicate sul suo board per l’Italia, risultano Siclari quale presidente (ndr: si tratta di Antonino Giuseppe Siclari, uno degli indagati, considerato figura chiave nella gestione di Publidant), Barone (ndr: Francesco, anche lui tra gli indagati) quale segretario e D’Antuono quale sviluppatore».
Le obbligazioni e l’aumento di capitale. «Si può fare qualunque variazione»
È vero che le azioni Human sono quotate su mercato Nasdaq Otc dall’anno 2009, ma i mercati Otc (Over the counter) non prevedono il rispetto dei requisiti riconosciuti dalle Borse ufficiali. Questa mancanza di regolamentazione rende il prezzo delle azioni molto volatile, con oscillazioni anche nell’arco della stessa giornata, e i titoli presentano ampi margini di rischio. La stessa Banca d’Italia ha messo nel mirino questo genere di mercati ai fini della normativa antiriciclaggio.
Di certo c’è che gli indagati sanno bene che gli strumenti adoperati per aumentare il capitale della Publidant sono «gestibili in modo indiscriminato da chi li ha emessi, con possibilità di fame artificiosamente salire o scendere la quotazione».
Il dubbio degli investigatori è che proprio i titolari effettivi di Publidant fossero in grado di controllare il prezzo delle azioni della Human usate per la ricapitalizzazione da due milioni di euro e, dunque, nel tentativo di accedere ai fondi del Decreto Rilancio. Una (tentata) truffa in piena regola. È ancora una volta un’intercettazione a dare sostanza alle ipotesi. Giuseppe Siclari, uno dei gestori di Publidant, “racconta” la Human a uno dei suoi interlocutori: «La società praticamente la controlliamo anche se non ufficialmente, però, il titolare della società è una persona che lavora per noi, infatti i… li quota i nostri bilanci della società sono stati presentati anche alla borsa di New York per quotare… inc... il valore della società… inc… quindi le obbligazioni le ha emesse la società, qualunque variazione bisogna fare si può fare». Le obbligazioni, in quel momento, venivano usate «per fare aumenti di capitale, perché nella legge Covid, chi fa gli aumenti di aumenti di capitale, fatturato di 5/50 milioni circa il 60, 80% riesce a farlo tornare come credito di imposta che poi dal primo gennaio venderà alle banche».
«Quei titoli non valgono niente»
Un altro indagato, Simone Giglio, è ancora più chiaro e dice che «quei titoli non valgono un cazzo e saranno sempre contestati» e parla di «segnalazioni Interpol». Il punto è che l’aumento di capitale sociale non sembra in linea con quanto previsto dal Decreto Rilancio, anche se una perizia attesta ottime referenze per la Human Unitec International. Quell’atto, in effetti, lascia perplessi ben due notai milanese che si rifiutano di eseguire l’operazione di aumento di capitale. Insomma – spiega un ingegnere a Siclari parlando ancora di Human – «al di là del marchio che si vende bene, in realtà non porta a nulla». Siclari, in una conversazione del febbraio 2021, non può che confermare: «La Human non produce niente». Per portare avanti il presunto tentativo di truffa toccherà rivolgersi a un terzo notaio, che si mostrerà disponibile a certificare l’aumento di capitale. Anche lui compare tra gli indagati. Non è del tutto vero che la Human non produce niente: di certo produce guai giudiziari.