Certezza dell’espiazione della pena per intero, senza sconti: è quello che chiede Libere Donne, presieduta da Katia Villirillo, madre di Giuseppe Parretta, il 18enne crotonese ucciso nella sede dell'associazione lo scorso 13 gennaio, davanti agli occhi della famiglia. Lo chiede lanciando una raccolta firme e una petizione su internet, presentate durante il convegno “Fine pena mai” moderato dalla dottoressa Alessia Bausone, e organizzato all'istituto Pertini, al quale hanno partecipato la stessa Villirillo, l'avvocato Jessica Tassone dell'associazione Domino, l'avvocato e criminologo Emanuele Procopio, lo psichiatra Paolo Sesti e l'avvocato Giuseppe Barbuto.

 

«Questa iniziativa non serve solo per mio figlio – ha dichiarato Katia Villirillo – sarà un lungo cammino che andrà a dare un po' di serenità a tutte le famiglie che subiscono ingiustamente. L'obiettivo è quello di avere una legge per il popolo italiano, e andremo avanti. Non vogliamo una vendetta perchè la violenza non fa altro che generare altra violenza, morte e dolore, e questo non serve a nessuno. Vogliamo giustizia, affinchè possiamo vedere l'assassino di mio figlio scontare la giusta pena, senza sconti perchè a Giuseppe non è stato fatto nessuno sconto».

 

«Quello che andiamo a chiedere con il lancio della petizione – ha dichiarato l'avvocato Tassone – è la richiesta allo Stato di colmare un vuoto normativo, secondo noi, non per quanto riguarda la certezza della pena , bensì la certezza dell'espiazione della pena. Cerchiamo di dare sfogo a quello che è il dolore delle famiglie che, dopo lungaggini processuali, troppo spesso si ritrovano a dover vedere il carnefice, colui il quale ha reciso illegittimamente la vita dei propri cari, passeggiare liberamente per strada. È un grido d'aiuto delle famiglie allo Stato, affinchè non ci siano sconti di pena per coloro i quali si macchiano di omicidi in casi di recidiva efferatezza e futili motivi».

 

Come affermato precedentemente, ci potrebbe essere il rischio che i famigliari possano incontrare colui il quale ha rovinato l'esistenza dello stesso nucleo: in questo caso c'è bisogno di un apporto psicologico, così come riscontrato durante il convegno. «Qui si incontrano delle situazioni che hanno a che fare con il tempo, il soggetto, con un eventuale percorso - ha dichiarato lo psichiatra Paolo Sesti - che ha potuto mettere in atto negli anni per poter provare a far fronte questo dolore. Il problema serio è la rielaborazione di un lutto gravissimo, che è la peggiore forma di dolore che una persona può subire ed è costretta ad affrontare. E' un dolore con il quale ci si confronta per l'intera esistenza; non c'è una modalità unica. È un percorso che alcuni riescono a compiere e arrivano a un'accettazione dell'evento, altri si bloccano in situazioni intermedie che possono avere a che fare con la rabbia, con la depressione, con un dolore che cerca risposte di continuo».