È una lunga lettera, carica di amarezza e indignazione quella che scrive Gabriella Cantafio, giornalista di Crotone e figlia di paziente oncologico, per raccontare la «cronaca di una giornata all’insegna della straordinaria inefficienza del sistema sanitario crotonese» di cui è stato protagonista, suo malgrado, il padre. Prima la Tac di controllo rimandata, poi l’assegnazione di un vaccino anti-Covid non compatibile con le condizioni di salute dell’uomo, che potrebbe far saltare la prenotazione faticosamente ottenuta. Una situazione che ha dell’incredibile e che la professionista ha voluto denunciare pubblicamente.

L’inizio dell’odissea

«Dopo un caffè sorseggiato velocemente all’alba, oggi – si legge nella sua lettera - è iniziato il digiuno di mio padre, paziente oncologico, che finalmente in data odierna aveva l’appuntamento per fare la Tac di controllo, presso l’Ospedale di Crotone. Sì, dico finalmente perché già due settimane fa aveva fatto la terapia di desensibilizzazione, in quanto allergico al mezzo di contrasto, ma il giorno prima era giunta la chiamata: “Ci spiace, la Tac si è rotta”».

«Pertanto, mentre mio padre, pronto con stomaco vuoto, terapia di desensibilizzazione e test antigienico Covid, attendeva che si facesse l’orario, ore 14, per andare in ospedale, mia madre – racconta Gabriella - ha fatto un salto al centro di vaccinazione per tentare di risolvere un altro enigma della sanità calabrese».

Deve vaccinarsi con Pfizer ma gli propongono Astrazeneca

«Ebbene, dopo un lungo mese di tentativi vani, qualche giorno fa siamo riusciti a prenotare sulla piattaforma la vaccinazione di mio padre, sempre paziente oncologico». Il signor Cantafio è stato infatti convocato per il 27 aprile in uno dei centri vaccinali dell’Asp di Crotone «ma, constatata la sua appartenenza a ben due categorie, over 70 e soggetto fragile, per un eccesso di zelo ci è sorto il dubbio che la piattaforma, massima esponente dell’intellighenzia dei piani alti della sanità italiana, l’avesse inserito semplicemente come over 70 assegnandogli il vaccino Astrazeneca anziché Pfizer, senza tener conto del codice 048 (codice di esenzione per i pazienti oncologici, ndr)… che sarà mai questo numero, se ne danno tanti ultimamente, forse avranno pensato».

Il sospetto si è rivelato fondato: «A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, purtroppo: infatti, a seguito di un’interminabile gara della disciplina olimpica dello scaricabarile, disputatasi tra Asp di Crotone, in ogni ordine e grado, due centri vaccinali, medico di base e numero verde, abbiamo avuto l’ennesima conferma che, purtroppo, non siamo in zona rossa, arancione o gialla, bensì sprofondiamo in un baratro nero. Dove si intravede soltanto tanta incompetenza e approssimazione».

Non resta che aspettare, nella speranza che nei prossimi giorni arrivino indicazioni certe e più rassicuranti, che permettano all’uomo di poter ricevere la dose del vaccino giusto e nella data già stabilita.

Salta l’esame di controllo

Ma la giornata era appena iniziata e altri problemi si profilavano all’orizzonte: «Tralasciando per il momento l’ennesimo diritto negato a causa dell’inettitudine della sanità calabrese, subito dopo, mia madre ha accompagnato mio padre in ospedale per la Tac di controllo».

«A seguito di tre lunghe ore in sala d’attesa, una giovane quanto inesperta dottoressa gli ha annunciato che, data la sua allergia, avrebbe avuto bisogno di un anestesista per monitorarlo durante l’esecuzione dell’esame. Cosa mai avvenuta per le Tac precedenti, ma ben venga la scrupolosità. Non c’è stato, però, il tempo di adirarsi per la mancata presa visione della cartella clinica, in tempo, da parte della suddetta dottoressa, perché è subito sopraggiunta un’altra notizia eclatante quanto sconcertante: non c’erano anestesisti disponibili in quanto impegnati nel reparto Covid», si sfoga ancora Gabriella.

L’ennesima disfunzione

Infine, l’amara conclusione: «Morale della favola, ambientata nel magico mondo Covidcentrico: mio padre, nonostante avesse fatto due cicli di terapia di desensibilizzazione, due tamponi e quattro ore di attesa, è stato rispedito a casa, senza Tac. Con la chemioterapia orale ancora non assunta e tanti medicinali in circolo, inutilmente. Con il risultato del tampone in tasca, mai visionato dal personale del reparto di radiologia. E con l’amarezza di dover denunciare l’ennesima disfunzione del sistema sanitario in una città che, purtroppo, non guarirà mai dal virus dell’ignoranza».

La lettera si concluda con la firma: «Figlia di un paziente oncologico e figlia di una terra che si ostina a celebrare, ma le dà sempre un’occasione per disprezzarla».