A Crotone, nella periferia delle contrade nord senz’acqua e fogna, l’antenna 5G che ha aperto la guerra tra cittadini dello stesso quartiere non si può sperare molto che venga “disinnescata”. E, purtroppo, a sentire il primo cittadino non ci sarà da stupirsi se dovranno essere proprio i cittadini, il comitato ed il buon senso (anche del privato che sta procedendo all’installazione) a risolvere il problema. Trentadue giorni di istruttoria sono stati sufficienti a permettere ad un privato disposto a pagare un canone di fitto su terreno degradato di installare un ripetitore che sprigiona onde elettromagnetiche che non è ancora dato di sapere quanti e quali danni provoca alla salute dell’uomo.

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Le leggi lo permettono, anzi agevolano iter che sono parificati all’installazione di beni primari come tubi dell’acqua, fogne e pali di luce che beffardamente, proprio in questo quartiere, sono come la chimera, così come specifica il primo cittadino di Crotone, Vincenzo Voce: «Intanto non c’è stata alcuna delibera di Consiglio o di Giunta, perché le pratiche di questo genere non hanno necessità di istruttorie politiche d’indirizzo».

È ovvio che lo sapesse prima che arrivassimo a chiedergli come potesse cercare di disinnescare una miccia che sta rischiando di far esplodere un conflitto sociale tra “poveri”, certamente di servizi pubblici. Ma Voce cerca di fare di più, telefona di fronte a noi ad Arpacal ed ai funzionari dell’urbanistica, ovviamente specificando che cerca «semplicemente» informazioni più precise prima dell’intervista ufficiale, al fine di non rischiare di sbagliare. «Se la domanda è se io personalmente avessi potuto scegliere se un ripetitore di questo genere fosse installato nei pressi di casa mia, avrei certamente detto no» specifica il primo cittadino. «Ma purtroppo oramai i Comuni sono del tutto tagliati fuori da questa tipologia di catena decisoria; è il privato abitante che se dà il consenso a fronte di interesse economico, fa scattare iter che devono solo essere valutati tecnicamente da una conferenza di servizi che fa scattare pareri che non riguardano in alcun modo sindaco, assessori e consiglieri».

E quando chiediamo conto al sindaco della particolare velocità rammentando che in passato ha anche sostituito un assessore perché gli uffici non evadevano pratiche urbanistiche, è ancora più lapidario: «Beh, dovremmo essere contenti che si riesce a rispondere così velocemente, essendo comunque un’opera di urbanizzazione primaria, gli uffici sono obbligati, sentiti i pareri, ad evadere positivamente la pratica». Pur assicurando che cercherà di fare tutto quello che sarà in grado, ammettendo poco o nulla, si sente comunque di poter tranquillizzare la popolazione: «Il parere di Arpacal è autorevole ed i cittadini possono stare tranquilli» rammentando che si provvederà ai rilievi post installazione: «Così come sarà installata potrà eventualmente essere rimossa».

Gli chiediamo dunque gli altri servizi primari quando e come saranno iniziati almeno ad essere assicurati: «Che le periferie siano state abbandonate per decenni, è sotto gli occhi di tutti» ammette il primo cittadino. «Noi abbiamo presentato progetti per fogne e nuovi collettamenti, necessitano risorse che il bilancio del Comune non ha» si giustifica.

E quando gli ricordiamo che i quasi 20 milioni di euro provenienti dalla “calmierazione” del rapporto con Eni che proprio in questo quartiere più che nel resto della città deve rispondere di inquinamenti e bonifiche mai partite, e che lui sta utilizzando per il cartellone estivo e per altri interventi come strada del mare e serbatoi d’acqua, risponde comunque genericamente, rilanciando pure: «Intanto mi prendo il merito di aver portato a casa 17 milioni di euro quando qualcun altro ha fatto scadere convenzioni e concessioni – dichiara con orgoglio - poi è una questione di scelte, c’è una popolazione che risiede per il 30% a Tufolo/Farina e comunque due milioni di euro saranno spesi per le periferie, li aumenteremo ma abbiamo necessità di organizzarci, d’altronde è evidente che Crotone è diventata un cantiere a cielo aperto».

A dire il vero il primo cittadino ci concede anche il tempo di un accenno di confronto circa lo strumento di programmazione del Psc (Piano strategico comunale) che la sua amministrazione stenta ad iniziare a redigere e che permetterebbe, così come accaduto in tanti altri comuni, di entrare strategicamente sulle scelte presenti e future anche di questo tipo, superando i limiti dei vecchi piani regolatori. Certo è che gli stakeholder (portatori di interesse che sono presenti e previsti in questi moderni strumenti amministrativi) dovrebbero essere più capaci di offrire alle popolazioni che rappresentano maggiori opportunità di difesa ai singoli cittadini che rischiano anche di divenire carnefici perché “ricattabili” dalle ciniche opportunità economiche, che poi non sono mai nemmeno così succulente.