Il generale Emilio Errigo parla di «molte attività investigative», il procuratore Guarascio di appalti ai quali «partecipa una sola impresa». Le audizioni proseguono a microfoni spenti mentre il presidente Morrone (Lega) tira in ballo i condizionamenti di alcune famiglie mafiose sul recupero dell’area
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«Ci sono molte attività investigative che non sto qui a narrare». Il generale Emilio Errigo, commissario straordinario per la bonifica dell’ex Pertusola di Crotone, introduce la questione davanti ai parlamentari della Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
Parla di aziende gestite «da persone molto attenzionate dall’autorità giudiziaria» e di un lavoro di rimozione dei rifiuti che fatica ad andare avanti. «Lei ha detto all’inizio (della sua audizione che risale allo scorso 29 gennaio, ndr) che ci sono probabilmente alcune famiglie mafiose che hanno condizionato anche il recupero, la bonifica o la messa in sicurezza», sottolinea Jacopo Morrone, parlamentare della Lega che presiede l’organismo d’inchiesta. Poi chiede se vi siano «infiltrazioni» che Errigo pensa di dover segnalare «anche in seduta segreta». Il generale fa un breve cenno a una «realtà che precluso a Eni di portare a termine l’attività di sua competenza» che, «nonostante tutta la buona volontà», è stata bloccata. Poi chiede di proseguire il suo discorso con i commissari lontano dai microfoni.
Domenico Guarascio, nominato di recente procuratore della Repubblica di Crotone, affronta il tema degli appalti per la raccolta dei rifiuti nel Crotonese nel corso della missione della Commissione in città. In due giorni, il 17 e 18 febbraio scorsi, si susseguono in prefettura i protagonisti di una storia infinita che lascia ancora nel terreno tonnellate di veleni. Guarascio, che arriva dalla Dda di Catanzaro, sa che le inchieste («che sono pubbliche ormai») della Distrettuale chiariscono «che gli appalti per i rifiuti solidi urbani nei comuni del Crotonese vengono vinti da imprese che sono state riconosciute in qualche misura, con sentenze irrevocabili, appartenenti alla ’ndrangheta o quantomeno imprese di natura mafiosa che lavoravano per conto di associazioni ’ndranghetistiche».
Parla poi di una «caratteristica dell’appaltistica di questo territorio: partecipa agli appalti soltanto un’impresa. Questo è qualcosa di assolutamente chiaro». Piovono domande e il magistrato si interrompe subito: «Qui forse, volendo, possiamo procedere in maniera secretata».
Due su due: il generale che si occupa i una delle bonifiche più delicate d’Italia e il procuratore della Repubblica di Crotone parlano di atti coperti dal segreto che riguardano il ciclo dei rifiuti. Il primo, Errigo, fa addirittura riferimento a «molte attività investigative».
Il contesto che ruota attorno alle attività che dovrebbero ripulire dai rifiuti pericolosi la città di Crotone è molto delicato. Non a caso Errigo parla della bonifica come di una questione «di sicurezza nazionale e di interesse nazionale». E fa riferimento alla sfiducia che percepisce anche da parte dei giovani. «Mi hanno invitato anche alla presentazione di un loro libro, dal titolo emblematico: Crotone un sito di (dis) interesse nazionale. Io dico loro: “Voi non dovete essere così sfiduciati. Vedrete che, piano piano, anzi con molta velocità...”. Loro però mi rispondono: “Qui a Crotone le cose non cambiano mai”. Gli adulti sono rassegnati, forse pure intimoriti da una realtà criminale che si respira ovunque».
Per il generale «c'è una prepotenza mafiosa caratterizzata da storiche presenze criminali, note all'autorità giudiziaria e oggetto di numerose inchieste». E forse anche per questo la bonifica sembra impossibile. Il fatto è che «dietro sono stati lasciati 830 ettari di territorio contaminato da zinco, piombo, arsenico, da ogni metallo pesante, da fosforo, fosforite e fosfogessi. Addirittura, hanno inquinato e contaminato ben 1.480 ettari di mare, un mare meraviglioso». Crotone va ripulita, non solo dai veleni, mentre ci si perde in questioni amministrative che paralizzano le attività di bonifica. Ma questa è un’altra storia.