Il sindacato denuncia da mesi i pericoli di una infezione diffusa all'interno dei ghetti degli stagionali africani della Piana
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«Era inevitabile che il virus si sarebbe presentato alla tendopoli e al campo container senza bussare, anche perché qui porte sicure, non ce ne sono mai state. Qualcuno forse ha creduto che il virus fosse stato così benevolo da risparmiare i migranti?».
Duro intervento del segretario della Flai-Cgil di Gioia Tauro Rocco Borgese dopo lo scoppio dei due focolai nei campi migranti della Piana di Gioia Tauro. Una situazione molto delicata che ha potato la Regione a istituire zone rosse nei ghetti di Rosarno Testa dell'Acqua e della tendopoli di San Ferdinando.
Nell'accampamento sanferdinandese, nella seconda zona industriale, nella serata di ieri i migranti si sono ribellati contro la possibilità di uscire dal campo ingaggiando uno scontro con gli agenti della polizia chiamati a presidiare le due zone rosse.
«Le nostre denunce - attacca Borgese - mai ascoltate, sottovalutate da mesi, oggi trovano conferme. Così ci troviamo con Testa dell'Acqua e la tendopoli zone rosse, luoghi di pandemia e di rassegnazione. Tutto ciò si sarebbe dovuto e potuto evitare, se i problemi fossero stati affrontati in maniera strutturale, con soluzioni logiche e durature nel tempo».
La battaglia della Flai-Cgil fin dall'inizio della pandemia era stata indirizzata verso lo svuotamento dei campi e il trasferimento dei migranti in strutture nelle quali gli stagionali potessero essere controllati e, in caso di positività, curati.
«Per mesi - aggiunge il sindacalista abbiamo chiesto che fossero trasferiti in locali sicuri dove permettere, in caso di positività, a tutti di potersi curare serenamente con dignità e rispetto. Ricordiamo che sono lavoratori, sono affetti da una malattia che non sta risparmiando nessuno e come tali, hanno diritto alle giuste cure alla stessa stregua di tutti gli altri lavoratori».