Il sindaco di Rogliano Giovanni Altomare fu ricoverato in ospedale nei primi giorni di lockdown: «Quando tutto passerà spero che la nostra società possa riscoprirsi più equa, giusta e solidale» (ASCOLTA L'AUDIO)
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L'impatto con il Covid lo ha avuto quando il virus era di fatto ancora una entità profondamente sconosciuta, penetrata con aggressività nella comunità di Rogliano, uno dei primi centri del cosentino a subire le conseguenze della pandemia. Il sindaco Giovanni Altomare ha pagato con un mese di ricovero ospedaliero, il suo iniziale impegno in prima linea di quei giorni concitati, scanditi dal lockdown e dalla carenza di efficaci strumenti di contrasto alla diffusione dell'epidemia.
Giorni drammatici
Non solo farmaci, ma persino disinfettanti, guanti e, naturalmente, mascherine, articoli introvabili persino nelle corsie ospedaliere. Ognuno si arrangiava come poteva, arrivando a coprirsi le vie respiratorie con sciarpe, pezzi di stoffa, persino panni filtranti cattura polvere, nel tentativo di tenere distante il rischio di contagio. Giovanni Altomare la sua esperienza l’ha ricostruita in un opuscolo, curato da Luigi Michele Perri, dal titolo Dalla grande paura al grande futuro «Certamente non credo di poter dimenticare quei giorni di marzo 2020 - esordisce il primo cittadino ripercorrendo la sua esperienza di amministratore chiamato alla tutela della salute degli abitanti del suo paese e poi egli stesso colpito dalla malattia - Nel giro di una settimana l'intera giunta aveva contratto il covid con la sola eccezione dell'assessore Teresa Cicirelli, sulle cui spalle è gravata la responsabilità di tenere in mano le redini dell'amministrazione. Ma in quel momento - ricorda Altomare - anche molti carabinieri della locale compagnia erano stati contagiati. Ci avevano definito la Codogno calabrese. Abbiamo avuto giorni drammatici».
Istituzioni travolte
«Oggi mi ritengo un privilegiato - osserva il sindaco di Rogliano - perché ho la fortuna di poter raccontare l'esperienza vissuta: i primi sintomi, il tampone positivo, il respiro affannoso, l'ossigeno. E la solitudine nel letto dell'ospedale pensando alle istituzioni travolte in pochi giorni da quel nemico invisibile. Porto nel cuore l'umanità dei medici e di tutto il personale sanitario chiamato a garantire l'assistenza in quelle difficili condizioni. Posso solo immaginare quali agonie e quale immenso dolore abbia attraversato in quella fase la penisola ed in particolare le aree del bergamasco duramente colpite da un flagello al quale per molte settimane abbiamo assistito impotenti».
Sostegno reciproco
In ospedale poi, è nato un solido rapporto di amicizia: «Ho condiviso le pene di quei giorni con l’appuntato dei carabinieri Vito Scornaienchi. Ci siamo sorretti vicendevolmente con trasporto fraterno e che durerà per tutta la vita. La lunga degenza mi ha insegnato molto, soprattutto a ridare la giusta importanza al valore dei rapporti umani, a riscoprire i veri valori della vita. Purtroppo le incombenze quotidiane ci portano spesso a trascurare gli affetti. Ma devo dire che nel periodo più buio è esplosa pure una straordinaria corsa alla solidarietà con gruppi di volontari che si sono spesi nell’assistenza per le persone sole con necessità di essere rifornite di cibo e farmaci. Spero che alla fine la nostra società possa riscoprirsi più equa, giusta e solidale».
Ancora emergenza
Un anno e mezzo dopo però, l'emergenza è ancora dietro l'angolo, alimentata dalle varianti e che continua a mietere vittime: «Però abbiamo compiuto passi in avanti determinanti con la somministrazione del vaccino. Sono rammaricato perché poco o nulla si è fatto invece, per riorganizzare il sistema sanitario, per rafforzarlo e fronteggiare in maniera più adeguata questa nuova, ennesima ondata. Molti hanno resistito alla tempesta, altri non ce l'hanno fatta. Tutti all'inizio siamo stati colti di sorpresa. Adesso però non si può parlare di fenomeno imprevedibile ma bisogna mettere in campo gli strumenti necessari ad arginare la diffusione del virus».
Il contributo del Santa Barbara
Rogliano ha dato anche un contributo sostanziale ospitando per lungo tempo un polo Covid all'ospedale Santa Barbara: «Non so se si sta valutando di ripristinare i posti letto già impiegati durante la fase più acuta dell'inverno scorso. Certamente questa struttura dispone di spazi idonei ed attrezzati e spero che vengano opportunamente impiegati per dare risposte non solo alla comunità di Rogliano ma a tutta la regione, ora e anche in futuro. Perché certamente pagheremo un prezzo non solo agli effetti prolungati del Covid, ma anche delle altre patologie, quelle non più preventivamente diagnosticate e curate».