VIDEO | Non è indicato per tutti i pazienti contagiati. La terapia sarà praticata a chi è in isolamento domiciliare con sintomi lievi e moderati e in uno stato non avanzato della malattia
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«Adesso si attende solo di reclutare i pazienti». È tutto pronto anche in Calabria per poter avviare la terapia con gli anticorpi monoclonali. Dopo il via libera dei giorni scorsi dell'Aifa anche l'Italia ha ricevuto le prime dosi consegnate ieri al policlinico universitario Mater Domini di Catanzaro. L'azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio ha già ricevuto le prime fiale, 35 in tutto «perché il farmaco deve essere poi ricostruito in soluzione fisiologica» spiega il primario dell'unità operativa di Medicina Generale e primario del reparto Covid dell'azienda ospedaliera, Carmelo Pintaudi.
L'efficacia del farmaco
«Gli studi realizzati sugli anticorpi monoclonali hanno fornito ottimi risultati - spiega il primario -. Soprattutto uno studio italiano condotto dall'università di Siena ha fornito come esito la guarigione in tutti i 22 pazienti trattati con questa terapia. Che non può essere somministrata a tutte le tipologie di pazienti ma è riservata ad un particolare setting perché bisogna intercettare la malattia nelle fasi di esordio. È dedicata a pazienti che si trovano in isolamento domiciliare che hanno i sintomi della malattia da lieve a moderata, che non sono in ossigenoterapia e che presentano uno o più comorbilità che potrebbero condurre ad una progressione della malattia verso una forma più grave».
Il meccanismo di guarigione
«L'anticorpo monoclonale ha questa funzione: blocca il meccanismo attraverso il quale il virus entra nell'organismo ospite. Il virus ha bisogno dell'apparato cellulare per potersi sviluppare e replicare. Sulla sua struttura sono presenti proteine spike che sono in grado di legarsi ad una delle componenti cellulari del nostro organismo e con questa chiave di accesso riesce a forzare ed entrare nel sistema della cellula ospite per potersi replicare. Gli anticorpi monoclonali bloccano questa proteina spike impedendo al virus di entrare nella cellula e di potersi replicarsi».
La cura della malattia
«In questo senso rappresenta la cura della patologia ma è chiaro che non può essere somministrato a pazienti che hanno una infezione da Sars Cov 2 molto avanzata ma la terapia è in grado di intercettare la malattia nella fase in cui questa potrebbe evolvere verso forme più gravi. Deve, quindi, essere somministrata in ambiente protetto innanzitutto perchè si tratta di pazienti infetti e contagiosi e poi per garantire una somministrazione in estrema sicurezza attraverso l'attivazione di percorsi che prevedono un rapido intervento in caso di reazioni avversi al farmaco. Devono essere trattati in ospedale».
Intervento rapido
«Sono previsti percorsi particolari per cui saranno i medici di base o i medici delle Usca che dovranno valutare le condizioni del paziente trasmettendo alla nostra struttura una scheda contenente i dati. Il trattamento deve intervenire a pochi giorni dal contagio: dal tempo zero a massimo dieci giorni dal contagio».