«Il carcere di Vibo Valentia è interessato da un focolaio da Covid-19 di vastissime proporzioni fra i detenuti, con più di 80 casi di positività accertati. Molti di meno, invece, risulterebbero gli affetti da coronavirus fra gli operatori». Lo riferisce la segretaria regionale del sindacato UilPa, Francesca Bernardi, che ha scritto al direttore del carcere Angela Marcello, al direttore generale del Personale e delle Risorse del Dap Massimo Parisi, e al provveditore regionale Liberato Guerriero.

«Si ha il forte timore - è detto in una nota dell'UilPa - che i positivi al virus fra il personale potrebbero risultare molti di più se ci si sottoponesse al tampone, al pari di quanto si è fatto con i ristretti, non tanto e non solo ai fini diagnostici, ma soprattutto come misura di profilassi. È ormai risaputo, difatti, che il Covid-19, e particolarmente la variante Omicron, non produce sintomi o li produce in forma lieve in coloro che, come gli operatori penitenziari, abbiano completato il ciclo vaccinale».

«Ne consegue - riporta la nota -che eventuali positivi asintomatici potrebbero essere, loro malgrado, diffusori del virus con potenziali tragiche conseguenze sia per l'ulteriore espandersi della pandemia, anche in ambiente penitenziario, sia nel caso in cui dovessero infettarsi soggetti fragili o non vaccinati, come ad esempio gli stessi figli in tenera età degli operatori». In questi casi la sottoposizione a tampone per accertare la negatività al Covid - sostiene la segretaria regionale Bernardi - rappresenta anche una misura utile al perseguimento della sicurezza e della salubrità sul luogo di lavoro e, come tale, non può certo essere ascritta a carico degli operatori».

«Chiediamo per queste ragioni - conclude Bernardi - eventuali interlocuzioni con le altre autorità competenti, sanitarie e non, affinché tutto il personale dipendente del carcere venga sottoposto a tampone per accertarne la negatività o meno al coronavirus».