«Non nascondo una grande stanchezza per questa storia che va avanti da 38 anni». Tiziana Palazzo lo sa: bisogna chiamare le persone con il proprio nome. «Dottor Sergio Cosmai, vittima della ’ndrangheta». Un riconoscimento che lei e i suoi familiari sono in attesa di ricevere fin dal 12 marzo del 1985, giorno in cui un commando dell’allora clan Perna-Pranno uccide il direttore del carcere di Cosenza. Da allora sono trascorsi 38 anni, ma per lo Stato italiano, Sergio Cosmai è ancora una “vittima del dovere”. Una differenza sottile, ma affilata quanto basta da spezzare i cuori.

«Mio marito non è stato ancora riconosciuto come dovrebbe essere. Le nostre richieste sono rimaste fin qui inascoltate, ma confido ancora in una soluzione positiva della vicenda».

Tiziana Palazzo ha partecipato alla cerimonia di commemorazione che si è tenuta oggi nella casa circondariale alla presenza di tanti esponenti delle istituzioni. «A lei mi lega un filo d’acciaio» ha affermato il procuratore di Cosenza, Mario Spagnuolo, dopo averla abbracciata calorosamente. Quand’era alla Dda di Catanzaro, imbastì lui la maxi-inchiesta “Missing” dedicandola proprio alla memoria di Cosmai. Il successivo processo portò poi alla condanna all’ergastolo di Franco Perna, il mandante del suo omicidio.

«Sergio era un uomo di cultura – ha ricordato la vedova del direttore – amava la filosofia, la storia dell’arte, era cultore del latino. Innamorato di sua figlia, adorava anche il calcio, sport che praticava anche. Instancabile, amico fedele. Insomma, era un uomo a tutto tondo».

Al sindaco di Cosenza ha manifestato un desiderio: smantellare quel che resta del monumento cittadino che ormai solo nelle intenzioni è dedicato alla memoria del marito. «Farò di tutto per rimuoverlo – ha garantito Franz Caruso – Sarà sostituito da un’altra opera che vedrà la luce da qui a breve per ricordare degnamente Cosmai e, soprattutto, onorare il valore del suo sacrificio».

Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Del Mastro, si è inginocchiato davanti alla stele innalzata nel cortile del carcere in onore dei caduti, definendo Cosmai «un esempio ancora attualissimo perché aveva compreso in anticipo che la permeabilità delle strutture carcerarie fosse il primo problema da risolvere». Per Wanda Ferro, sottosegretario all’Interno, «non ha abbassato la testa, pretendendo il rispetto delle regole da chi le regole non le ha mai rispettato. Ha pagato il prezzo più alto - la vita - ma lascia una testimonianza luminosa di coraggio e senso dello Stato».