VIDEO | Il ragazzo, vittima innocente della ‘ndrangheta, fu ucciso il 25 ottobre 2012. Domani avrebbe festeggiato trent’anni. Dopo dieci anni di indagini e pentiti killer e mandanti non sono stati ancora inchiodati alle loro responsabilità
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«Così hanno vinto loro… hanno vinto loro…», dice Martino Ceravolo. Siamo alla vigilia del giorno in cui suo figlio Filippo avrebbe festeggiato il suo trentesimo compleanno. Vittima innocente della ‘ndrangheta, fu ucciso il 25 ottobre del 2012 a soli diciannove anni. Con l’auto in panne, chiese un passaggio per tornare a casa a Domenico Tassone, un giovane contiguo al clan Emanuele, da lustri in guerra con i Loielo. Lungo la strada che collega Vazzano a Pizzoni, l’agguato: il vero bersaglio rimase praticamente illeso. «Filippo mio invece – spiega Martino – è stato massacrato». I sicari spararono alla cieca e uccisero chi con la loro guerra non c’entrava nulla. Da quella notte, Martino e la sua famiglia attendono sia fatta giustizia. Hanno trasformato il dolore nel carburante di una battaglia per la verità ed il calore di quanti sono stati vicini a loro in un balsamo per la sofferenza: i ragazzi, i cittadini, ma anche i rappresentanti delle forze dell’ordine e della magistratura, il cui lavoro, finora, non ha prodotto i frutti sperati.
«Una legittima richiesta»
«La nostra – spiega papà Ceravolo – è una vita mutilata, a prescindere. Noi lo sappiamo che niente e nessuno ci restituirà Filippo, ma mio figlio merita che i suoi assassini siano arrestati, processati e condannati. E invece sono passati più di dieci anni, abbiamo avuto solidarietà, della quale siamo certamente grati, ma allo Stato, oltre che impegno e solidarietà, chiediamo risultati. E mi dispiace perché qui, nelle Preserre, dopo tanto tempo, risultati concreti non ne abbiamo visti». Non un’accusa, né una provocazione – precisa – ma la «legittima richiesta di risposte» da una famiglia consapevole che «altrove i risultati sono stati ottenuti. Hanno arrestato Messina Denaro e tutti i latitanti più pericolosi, nel Vibonese hanno fatto cose magnifiche, ovunque, ma nelle Preserre no, perché “quelli là” sono sempre là a piede libero e non un bel segnale. Non ci sono solo tutti quei morti ammazzati, ma c’è anche mio figlio che con la ‘ndrangheta non c’entrava proprio niente».
I suoi trent’anni
Domani sarà comunque festa a Soriano. «Sì, festeggeremo – dice Martino – perché Filippo è tra noi. Ci sarà una iniziativa con le scuole, il pomeriggio una messa e la sera festeggeremo. Taglieremo anche la torta. Invitiamo tutti a venire, tutti. Così potrete capire cosa significa festeggiare il compleanno di un figlio che non c’è più, che lo hanno ammazzato in quel modo, più di undici anni fa». È un lutto mai elaborato, non solo per i Ceravolo, ma anche per tutta la comunità delle Preserre e tutti coloro che mantengono intatta la memoria di un evento che rappresenta una ferita insanabile.
«Filippo vive»
«La maggior parte delle vittime di mafia, soprattutto quelle innocenti – continua – non ha mai avuto giustizia. Molte famiglie si chiudono nel loro dolore e nel silenzio. Forse si rassegnano. Forse, perso un figlio, un genitore, un fratello o una sorella, perdono la voglia di vivere e di lottare. Le comprendiamo. Ma noi il dolore non lo nascondiamo e non stiamo in silenzio. Filippo è con noi, Filippo vive in tutto quello che facciamo, Filippo lo ricordiamo in ogni occasione utile nel migliore dei modi affinché tutti ne abbiano memoria come il simbolo di un’ingiustizia assurda».
«Vadano a prenderli»
Sa che nonostante il tempo trascorso, la Procura antimafia di Catanzaro e le forze dell’ordine hanno tanti elementi per chiudere il cerchio, finalmente. Forse. «Io ho letto le carte dell’archiviazione – dice Martino – e c’era già tanto. Poi sono venuti i pentiti. E allora mi domando e domando cosa aspettano per andarli a prendere? A questo punto si giochino le loro carte. C’è mio figlio che attende giustizia, ma ci sono anche degli assassini a piede libero che continuano a fare quello che vogliono, a vivere la loro vita e a rovinare quelle degli altri. Andateli li a prendere. Fate verità e giustizia. Perché se così non è avranno vinto loro».