La sorveglianza speciale agli attivisti diventa caso nazionale. Già tre le interrogazioni parlamentari depositate all’indirizzo della ministra Lamorgese affinché faccia chiarezza in merito al diritto al dissenso. Presentato stamattina alla Camera dei deputati, nel corso di una conferenza stampa, un appello firmato da oltre 200 tra artisti, accademici ed intellettuali schieratisi con Jessica Cosenza, Simone Guglielmelli, Francesco Azzinnaro e gli attivisti recentemente colpiti da misure repressive e dal provvedimento richiesto dalla Questura di Cosenza e sul quale nelle prossime settimane dovrà pronunciarsi il tribunale di Catanzaro.

Una misura intimidatoria, secondo la deputata Cinquestelle Anna Laura Orrico, promotrice del dibattito: «In una terra dove l’infiltrazione della ndrangheta è nelle maglie della pubblica amministrazione, della politica e del tessuto imprenditoriale, sono preoccupata di come un istituto del genere si possa applicare a giovani attivisti, pregiudicandone il futuro, invece di avallare l’impegno che queste persone cercano di dare per contribuire alla qualità della vita nella mia terra». La deputata ha invitato quindi la ministra degli Interni a rispondere quanto prima all’interrogazione al fine tracciare la direzione intrapresa dal paese «rispetto all’espressione dei diritti e della libertà di manifestare quando le cose non funzionano». In linea gli interventi delle deputate Ehm e Suriano del Gruppo Misto che hanno raccolto l’appello della collega calabrese: «C’è un silenzio assordante verso queste azioni» che sono da considerarsi inaccettabili in un Paese democratico che dovrebbe «garantire di poter difendere e manifestare le proprie opinioni liberamente» altrimenti «ci si avvicina molto a quello che è un carattere autoritario».

 Una misura «incostituzionale» per Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione comunista: «Durante il ventennio fascista succedeva sistematicamente che gli antifascisti ricevessero attenzioni di questo tipo e venissero qualificati come sovversivi. Io vorrei precisare al questore di Cosenza che il carattere eversivo e ribelle che caratterizzerebbe questi giovani, nella nostra repubblica, non è un reato perché battersi per il diritto alla casa e per i diritti sociali significa battersi per l’attuazione dei diritti fondamentali della costituzione». Questi provvedimenti «di carattere intimidatorio rappresentano un elemento di fortissima preoccupazione perché, per i cittadini, sentire che chi si attiva socialmente viene trattato come un delinquente è una cosa molto grave». E l’aspetto più grave, sottolinea Guglielmelli, è che tali azioni vengano puntualmente indirizzate a sindacalisti Usb poiché «si lancia un monito assolutamente preoccupante ovvero che chi denuncia le condizioni gravissime entro le quali in Calabria si è costretti a vivere può essere passibile di suddette misure». Una strategia per «fermare le voci di dissenso» e per la quale «l’Italia è stata più volte richiamata da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo». Indispensabile, secondo i sindacalisti, alimentare il dibattito.  

Presto una mobilitazione nazionale a Cosenza - annuncia Ferdinando Gentile - che non andrà solamente a toccare il tema della repressione ma getterà le basi di «una piattaforma in cui discutere delle vicissitudini e le problematiche del Sud». In attesa di risposte da parte della ministra Lamorgese, l’invito è ai giuristi affinché prendano parte al dibattito.

  «Abbiamo fiducia che le interrogazioni vadano a buon fine», conclude Jessica Cosenza, poiché in gioco non c’è solo il futuro degli attivisti ma «la libertà di opinione in questa nazione»