Si lavora per evitare la diffusione di focolai. Intanto al pronto soccorso la situazione è sempre drammatica: quasi trenta i pazienti in attesa di un posto letto
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Alle 19 di questa sera erano 27 i soggetti con Covid accertato da screening molecolare parcheggiati nel Dipartimento di Emergenza e Accettazione dell’Annunziata. Altri quattro erano a bordo di altrettante ambulanze in attesa dell’esito del tampone. Ma in queste ore la sfida degli operatori sanitari non è soltanto quella di riuscire a dare una sistemazione adeguata in reparto ai tanti pazienti, in attesa nelle tende del pre-triage o in pronto soccorso. Bisogna contenere l’espandersi dell’epidemia all’interno del nosocomio.
Piccoli focolai crescono
Da qualche giorno si registra anche nelle aree no Covid la presenza di soggetti positivi, con il rischio di una espansione dei casi a macchia d’olio. Ormai siamo in costante presenza della variante inglese, notoriamente più aggressiva e contagiosa. E la precarietà con cui il personale medico è costretto a lavorare può avere come conseguenza un abbassamento dei livelli di protezione, facilitando così la circolazione del coronavirus in corsia. L’ultimo caso è relativo ad una donna ricoverata in neurologia e trasferita poi in area Covid in seguito a subentrata positività.
Non solo il caso della Utic
In precedenza, come si ricorderà, l’Azienda Ospedaliera era stata costretta a sospendere temporaneamente le attività della Unità di Terapia Intensiva Coronarica per il contagio di tre pazienti e di un operatore sanitario. E poi si apprende della positività di due medici vaccinati, di un caso di subentrata positività in neurochirurgia e di un mini-focolaio in ortopedia con il coinvolgimento di due sanitari e due pazienti.
Correre ai ripari
La riunione di ieri della Unità di crisi è servita anche a concordare una riorganizzazione dei percorsi e dei sistemi di prevenzione della diffusione del coronavirus. Inoltre si è proceduto con urgenza a smaltire tutti i casi no-Covid approdati nelle ultime ore in pronto soccorso, benché in aree separate rispetto a quella in cui stazionano invece i soggetti Covid. Il problema tuttavia, è che il medesimo personale si trova spesso a dover assistere entrambe le categorie di pazienti.