Il destino dei quaranta dipendenti della Simet spa, licenziati il 10 settembre del 2022, è da oggi un po’ meno ineluttabile. Uno di loro, infatti, si è visto reintegrare sul posto di lavoro da un’ordinanza del Tribunale di Cosenza ed è una notizia che potrebbe riaccendere una fiammella di speranza anche nei suoi colleghi. Non a caso, il profilo di illegittimità rilevato dal giudice Vincenzo Lo Feudo riguarda i criteri di scelta adottati dalla Simet per decidere quali fossero i dipendenti a cui rinunciare e quelli da mantenere in organico. Ciò che in aula è valso per lui, quindi, potrebbe essere valido pure per altri.

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Lo strumento utilizzato all’epoca è quello del punteggio assegnato a ciascun lavoratore sulla scorta di parametri quali anzianità, situazione familiare e condotta lavorativa. Da qui si è giunti poi alla formazione di una graduatoria capestro per determinare chi è dentro e chi è fuori. Nel suo caso, però, i punti gli sarebbero stati attribuiti per difetto e senza le motivazioni dovute, circostanza che ha suggerito al giudice di accogliere il ricorso presentato dall’avvocato Marco Vetere. Il provvedimento condanna anche l’azienda di trasporti a versare al lavoratore tutte le mensilità arretrate e i contributi previdenziali a partire dalla data d’interruzione del rapporto professionale.

Una vittoria in piena regola, dunque, ma ancora dal sapore agrodolce. Nel caso di specie la Simet, potrebbe impugnare l’ordinanza oppure rinunciare a qualunque tipo di opposizione, ma cosa accadrebbe se davvero il numero di ricorrenti vittoriosi in tribunale crescesse in modo esponenziale? L’azienda potrebbe revisionare l’elenco degli esuberi? A fronte di un gruppo di lavoratori che rientrano, altri sono destinati a uscire?     

Il giudice lo spiega a chiare lettere: sono solo i criteri di scelta viziati da irregolarità che rendono il licenziamento illegittimo agli occhi della legge; eventuali errori procedurali, invece, comportano al più un indennizzo in favore del licenziato. E nel caso della Simet, la procedura adottata sembra essere comunque in regola. Del resto, già a gennaio del 2020, l’analisi della situazione aziendale risultava impietosa. A causa della pandemia, quell’anno i ricavi passano da quindici milioni e mezzo di euro a soli tre milioni e mezzo, una contrazione del 78%. E nonostante procedure di fusione e altre misure adottate per fronteggiare la crisi, nel 2021 va in fumo un altro milione e mezzo di euro.

Da qui, dunque, la decisione di rinunciare a una parte del personale: dei settanta lavoratori ritenuti in sovrannumero, trenta hanno rassegnato le dimissioni e per altri quaranta si è aperta la procedura di licenziamento collettivo. Proprio quest’ultima torna ora in discussione a seguito dell’ordinanza Lo Feudo, ma tant’è: per gli ex lavoratori della Simet il futuro resta incerto. Una condizione a cui, purtroppo, hanno fatto il callo.