Ha 27 anni ed è originario della Romania, il presunto artefice della truffa a Cosenza per coloro i quali hanno percepito indebitamente l'ormai ex Reddito di cittadinanza. Le segnalazioni, finite prima sul tavolo della Finanza e poi della procura di Cosenza, sono arrivate dall'Inps e da Poste italiane.

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Il principale indagato si chiama Cristian Sebastian Teglas, finito in carcere, mentre altri due rimangono a piede libero, in quanto il gip Manuela Gallo non ha ravvisato l'esigenza di applicare agli stessi una misura cautelare. In un caso parliamo di un altro operatore del "Caf" di Cosenza Vecchia, situato nei pressi dell'Arenella, dove esercitava anche Teglas, nel secondo invece di un commerciante cinese, dove i percettori del Reddito di cittadinanza si recavano per acquistare ogni cosa. Per la Procura l'uomo asiatico era d'accordo con gli altri due indagati, ma le valutazioni sono state diverse.

Nelle carte dell'inchiesta emerge quindi la capacità del "Caf Labor" di inoltrare centinaia e centinaia di richieste e in alcuni casi di reiterarle dopo che ad alcuni degli ex percettori in prima battuta era stato revocata la misura finalizzata a contrastare la povertà in Italia, così come ideata dal Movimento Cinque Stelle.

Gli atti d'indagine riguardano soprattutto le dichiarazioni assunte a sommarie informazioni da parte di cittadini comunitari ed extracomunitari, i quali avevano indicato il modus operandi di Teglas. Poi i finanzieri, il 4 marzo 2022, si erano palesati agli indagati, entrando con un decreto di perquisizione sia nella sede del Caf Labor "Arenella" che in due abitazioni del principale inquisito. In un caso, le operazioni avevano dato esito negativo, mentre a casa di Teglas, le fiamme gialle erano riuscite a sequestrare una corposa documentazione che lo stesso indagato avrebbe cercato di far scomparire, gettandola dalla finestra. Cosa "nascondeva" il 26enne romeno? I finanzieri ritengono che Teglas «deteneva un vero e proprio archivio riferito a pratiche Rdc di soggetti di nazionalità prevalentemente romena». Le perquisizioni avevano anche permesso di rinvenire «certificati di attribuzione di codici fiscali, certificazioni ISEE, domande per il reddito di cittadinanza, deleghe e mandati ai centri di assistenza fiscale, elenchi ed appunti manoscritti riferiti a pratiche lavorate o in corso di lavorazione dal Caf Labor "Arenella"».

L'altro segmento investigativo è rappresentato dalle intercettazioni, nelle quali gli indagati parlavano di come compilare la documentazione o in altri casi di come far spendere i soldi per beni non acquistabili per le finalità previste dal sussidio, come la macchina per il caffè. La Procura di Cosenza infatti sostiene che il commerciante cinese sia stato utilizzato come "cash point" «trasformando in denaro contante gli importi caricati sulle card». Tuttavia il gip ritiene che non si configuri per il cinese il reato dell'indebito utilizzo delle carte di "Reddito di cittadinanza", poiché «l'utilizzo è indebito, in questo caso, non perché fatto da un soggetto terzo diverso dal titolare, ma perché finalizzato all'acquisto di beni non consentiti per la loro tipologia». Dunque, la conclusione a cui è giunta la Procura, secondo la quale il commerciante cinese avrebbe fatto da "cash point" per i percettori del reddito di cittadinanza, «restituendo loro di volta in volta il denaro versato a titolo di corrispettivo per l'acquisto (fittizio) di beni, è allo stato solo una ipotesi».

In definitiva, il giudice cautelare Gallo evidenzia la «spiccata aggressività e pericolosità» di Sebastian Cristian Teglas, il quale avrebbe perpetrato «la propria condotta illecita per un arco di tempo significativo». Secondo la Procura avrebbe gestito 678 domande di Reddito di cittadinanza dal marzo 2019 al marzo 2022. «È emerso che Teglas fosse un vero e proprio punto di riferimento per i cittadini stranieri sul nostro territorio» scrive il gip il quale sottolinea come il romeno abbia «gestito in modo pressoché esclusivo documenti di riconoscimento e deleghe dei suoi connazionali anche dimoranti in Romania al fine di far ottenere loro, nella piena consapevolezza della mancanza dei requisiti richiesti dalla legge».

Infine, la posizione dell'unico indagato italiano. Il gip Gallo sottolinea che la gravità indiziaria si possa individuare in un capo d'imputazione, ma negli altri «vi è al più la prova della connivenza dell'indagato rispetto alle condotte di reato perpetrate dal suo collaboratore». La Procura di Cosenza, nella richiesta di misura cautelare firmata dal procuratore capo Mario Spagnuolo e dal pubblico ministero Marialuigia D'Andrea, reputava che le condotte contestate erano (e sono ancora oggi) tutte di tipo illecito.