Nel gennaio scorso il bimbo ha ricevuto la diagnosi di sarcoma di Ewing. Dopo 33 cicli di radioterapia e 10 di chemio, trascorrerà il suo quinto compleanno al Bambin Gesù, così in tanti hanno deciso di regalargli un giorno indimenticabile
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Il piccolo Marco (nome di fantasia, ndr) ha due occhi grandi, già intrisi di dolore e sofferenza, con cui spesso rimane a guardare il soffitto, senza avere la forza di alzarsi. Con i suoi pochi anni, se ne sta sdraiato in una culletta dell'ospedale del Bambino Gesù di Roma, sfinito dagli effetti nefasti dei medicinali, mentre attende che i macchinari a cui è attaccato il suo corpicino gli restituiscano quanto prima l'infanzia perduta. Marco ha finito da poco l'ennesimo ciclo di chemioterapia per curare un mostro che scientificamente prende il nome di Sarcoma di Ewing, una rara forma di neoplasia maligna. Una di quelle forme di cancro che si fa fatica solo a nominare. Mercoledì prossimo compirà cinque anni e, con tutta probabilità, trascorrerà il suo compleanno in una stanza sterile, senza palloncini, senza amici, dolorante, costretto al letto dalle flebo.
Fortunatamente, la storia, raccontata sui social dalla sua mamma, ha attirato l'attenzione di tanti internauti, che a loro volta l'hanno condivisa e diffusa in rete. Così, da qualche giorno, è scattata una vera e propria gara di solidarietà per rendere il suo quinto compleanno un giorno indimenticabile. Centinaia di persone hanno spedito doni all'indirizzo della dimora romana dei due genitori, in modo tale che il 1° novembre il piccolo, con tutte le precauzioni del caso, potrà passare tutta la giornata a scartare pacchi e a giocare, accantonando per un momento le atroci sofferenze. «Ci avete regalato un momento di luce in un periodo di buio», ha fatto sapere la sua mamma in un audio, in cui, per l'emozione, piange e ride insieme, raccontando come sia stato difficile per il corriere far recapitare tutti i regali allo stesso indirizzo. «Io e il suo papà - ha detto ancora la donna - non vediamo l'ora che sia mercoledì, per vedere finalmente la felicità negli occhi del nostro bambino. Ci sembra un sogno. Grazie a tutti».
Un'infanzia difficile
Marco vive in provincia di Cosenza con i suoi genitori e, quando ha soltanto un anno, mostra un lieve ritardo nell'apprendimento. «La sua nascita è stata la nostra più grande gioia - scrive la sua mamma in una lettera pubblica -. Ma ben presto ci siamo accorti che qualcosa non andava».
Marco non parla, non guarda i genitori negli occhi e non interagisce. A tre anni e mezzo al piccolo viene diagnosticato l'autismo. «Perché proprio a mio figlio?», si chiede la sua mamma, spaventata da una condizione di cui conosce, in quel momento, poco o nulla. Ma lei e il marito non hanno tempo di metabolizzare la notizia che sono già alle prese con un un altro problema.
Nel novembre del 2021, notano una piccola tumefazione sotto il piedino sinistro. Dopo tre mesi, il livido non solo non è sparito, ma è diventato ancora più grande. A febbraio del nuovo anno, il piccolo viene sottoposto a un'ecografia. Per i medici che lo visitano, anche ortopedici e dermatologici, non è nulla di grave. Dopo una risonanza magnetica, effettuata a giugno, parlano di "angioma venoso sottocutaneo". Diagnosi confermata da altri medici e da un'altra ecografia effettuata in un altro ospedale. Eppure quel livido è ormai enorme e Marco riesce a stento a poggiare il piedino a terra. Tra una visita e l'altra, timori e preoccupazioni, il papà perde anche il lavoro.
Il lungo calvario
A dicembre del 2022 la situazione precipita. Marco non cammina più, ha il piedino viola e, un giorno, quel bozzo grande come un'arancia che si è formato con il passare dei mesi comincia a sanguinare. I genitori si precipitano al policlinico di Messina, dov'era già stato previsto il ricovero, e i medici lo sottopongono a un'operazione. «Io ero felicissima - dice ancora la sua mamma - perché speravo che finalmente mio figlio potesse tornare a camminare». Ma qualcosa va storto. Dopo un'ora di sala operatoria, i medici hanno l'aria smarrita, comunicano alla famiglia che l'intervento sarebbe stato molto delicato e alla fine prelevano solo del liquido per analizzarlo. Ma dopo una settimana di ricovero, li rimandano a casa senza diagnosi: «Mi dissero di fasciare il piede molto stretto - ricorda la donna - perché continuava a sanguinare». Nel frattempo, Marco non può più frequentare l'asilo e non è neppure nelle condizioni di seguire le terapie occupazionali per l'autismo.
Un mostro chiamato sarcoma di Ewing
Il primo campanello d'allarme da parte dei medici arriva nel gennaio del 2023. «La dottoressa - ricorda la mamma del piccolo Marco - ci chiamò per dirci che il liquido raccolto durante l'operazione poteva essere il segno di qualcosa di maligno. Mi venne una rabbia che non riesco descrivere». Ma ricorda perfettamente di aver avuto la forza e la lucidità di chiedere, senza fronzoli, se potesse trattarsi di un tumore.
«Quando la dottoressa mi disse di sì, mi sentii morire dentro». E contemporaneamente si è sentita presa in giro per le diagnosi fino a quel momento sbagliate. «Quello stesso giorno mandai una mail all'ospedale Bambino Gesù di Roma. Mi risposero immediatamente e mi fissarono un appuntamento dopo due giorni». L'11 gennaio il bambino è stato sottoposto a una biopsia, prima di essere rimandato a casa. «Dopo venti giorni ci hanno chiamato, chiedendoci di ripresentarci in ospedale. Già sentivo che non avremmo avuto buone notizie». Il cuore di una mamma non sbaglia mai e la diagnosi è impietosa: sarcoma di Ewing di alto grado ai tessuti molli, con metastasi ai polmoni, inguine e coscia. Se esiste l'inferno, può essere descritto proprio così.
Le difficili terapie
Dopo la diagnosi, i genitori di Marco sono costretti a fare la spola tra Cosenza, dove il piccolo paziente può seguire alcune terapie, e Roma, dove è stato sottoposto ad altre tac, risonanze, scintigrafie, pet e ben trentatré cicli di radioterapia e dieci di chemioterapia, a cui, ogni volta, sono seguite trasfusioni di sangue e piastrine. Le cure sono particolarmente difficili perché il bimbo non parla e non riesce a comunicare le sue sensazioni. «All'inizio aveva delle crisi di rabbia che lo portavano a farsi male da solo, ma piano, piano questa nuova vita sta diventando parte di lui, è come se fosse diventata la sua "normalità"». Per ridurre lo stress, i genitori hanno deciso per il momento di stabilirsi nella Capitale e aprire una raccolta fondi per sostenere le spese. Ed è proprio grazie a tante piccole donazioni che, tra una difficoltà e l'altra, riescono ad andare avanti.
Un compleanno speciale
Da un po' di tempo, la madre del bimbo ha trovato la forza di raccontare la loro disavventura sui social, incoraggiata da tanti amici che conoscono da vicino la situazione. Ogni giorno, tramite video e foto, informa i follower sulle condizioni del bimbo. Ma per il suo quinto compleanno, non aveva osato chiedere nulla perché «ci vuole sempre tanto coraggio a chiedere aiuto e la cosa mi imbarazza. Non voglio approfittare». Ma il pensiero di non poter comprare neppure un regalino, in quel giorno, la stava logorando. Così, ci ha pensato la rete. Un post, in cui si racconta la drammatica vicenda, ha fatto breccia nel cuore di centinaia di persone, che stanno facendo a gara per regalare un sorriso al piccolo Marco. Così, all'indirizzo della loro dimora capitolina sta arrivando, letteralmente, una montagna di giocattoli. La sua mamma, in un commento pubblico, ha scritto: «Non ho mai pianto così tanto di gioia. Dio possa benedire ogni singola persona che ha avuto un pensiero per il mio piccolo. Non ho parole, solo lacrime infinite di gioia».