Raffaele Bruno, originario di Cosenza, è il dottore che al San Matteo di Pavia sta curando il 38enne di Castiglione d’Adda, primo contagiato dal Covid-19, le cui condizioni sono al momento critiche ma stabilizzate
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Si chiama Raffaele Bruno, 53 anni di Cosenza, il medico che guida il reparto di malattie infettive del policlinico San Matteo di Pavia nel quale è in cura il «paziente uno», il 38enne di Castiglione d’Adda, primo contagiato dal coronavirus, le cui condizioni sono al momento critiche ma stabilizzate.
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Raffaele Bruno, insieme alla task force lombarda, lotta dal 21 febbraio giorno e notte insieme ad oltre trenta medici, infermieri e medici per fronteggiare l’emergenza da Covid-19 che sta dilagando in Italia.
«So di non fare un’affermazione scientifica, ma la verità è che per sconfiggere un nemico nuovo e sconosciuto abbiamo bisogno anche di una somma insondabile di coincidenze positive. Detto in due parole, augurate a noi medici e agli scienziati buona fortuna», ha dichiarato Bruno in un’intervista rilasciata a la Repubblica.
Mattia, il paziente 1 in gravi condizioni
Mattia è Il «contagiato italiano che non deve morire», spiega Bruno che sta facendo di tutto per salvare la vita al paziente lombardo. Il 38enne, dirigente dell’Unilever di Casalpusterlengo, è giovane, sano e sportivo, ed è a sorpresa anche il paziente più grave colpito solo «dal coronavirus». Fino ad oggi le vittime nel nostro Paese erano tutte anziane, già fragili, e con patologie pregresse. La sua salvezza, oltre ad essere una priorità per l’equipe medica, porterebbe una ventata di ottimismo squarciando la coltre di panico e allarmismo creatasi in quest’ultimo periodo.
Mattia in queste ore si trova in una saletta isolata delle terapie intensive e «rimane sedato, incosciente e intubato perché non autonomo nella respirazione», spiega il dottor Bruno. Sua moglie Valentina, pure infetta e ricoverata all’ospedale Sacco di Milano, tra un mese partorirà il loro primo figlio. I medici stanno curando anche i suoi genitori.
«Ma il problema - dice Bruno - è che resta impossibile prevedere il decorso dell’infezione. Altri sono già guariti. Lui invece è stabile dal primo istante. L’imprevedibilità purtroppo è il marchio dei virus sconosciuti». «Testiamo un cocktail - dice Bruno - di farmaci usati per l’Hiv, per l’epatite C e per l’ebola. Nella miscela c’è la ribavirina. Esperimenti in vitro dimostrano che questo mix inibisce la crescita del virus. In Cina e in Corea del Sud è stato testato con successo anche sui pazienti».
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Bruno: «Lotteremo contro il virus fino a quando sarà necessario»
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ringraziato in privato il dottor Alfredo Bruno e il suo team per il costante impegno al San Matteo. «Ma noi — dice Bruno tornando al “paziente uno” — restiamo qui perché ogni giorno il nostro dovere è curare più persone possibile nel modo migliore possibile. È un impegno eccezionale e non sappiamo quanto durerà questa epidemia. La gente deve sapere però che il nostro sforzo durerà fino a quando sarà necessario».
Come tutti i medici in prima linea la preoccupazione è costante: «Vedere spegnersi Mattia - dice Bruno - sarebbe un incubo. Ma cedere al protagonismo e dimenticare di remare tutti in silenzio e nella stessa direzione, sarebbe peggio. La sconfitta risulterebbe collettiva e irreparabile: lo spettro della pandemia dilagherebbe nel disastro del pandemonio».
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