«La Regione Calabria è ancora in grave ritardo rispetto alle attività di prevenzione anti-Covid19 da mettere in atto in ambienti di vita e di lavoro».
È quanto affermano i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Angelo Sposato, Tonino Russo e Santo Biondo.

Tamponi nei luoghi di lavoro

«In considerazione dell’esigenza di combattere e contenere il contagio – spiegano –, deve necessariamente e con urgenza avviare in maniera tempestiva e propedeutica l’esecuzione dei tamponi nei luoghi di lavoro più esposti alla pandemia, a partire dai lavoratori della Sanità pubblica, privata e del Settore socio-sanitario, compresi i lavoratori operanti nei settori degli appalti (vigilanza, pulizia, sanificazione, ristorazione collettiva e manutenzione ) nelle Rsa, nei supermercati e in tutte le attività ritenute essenziali dalle attuali disposizioni. Risulta altresì inderogabile sottoporre alla prova del tampone tutta una serie di categorie di persone che risultano più vulnerabili, quali gli anziani, i disabili, ammalati cronici, ecc…».

Attività di prevenzione

«Tale rivendicazione e la relativa attuazione – spiegano ancora – deve essere considerata come l’attività precipua di prevenzione rispetto al diritto alla salute dei calabresi, a partire dalla necessità per l’attuale fase pandemica, di riconoscere un ruolo primario alla medicina territoriale, che va riorganizzata e rilanciata e incardinata in un SSR in grado di dare concrete risposte in termini di salute alla cittadinanza». «Rispetto all’attuale gravità delle tematiche sanitarie e al conseguente bisogno di offrire risposte e certezze sia ai lavoratori che ai cittadini calabresi», i sindacati «chiedono al governo regionale un confronto urgente, tempestivo e permanente, secondo le modalità atte a garantire il distanziamento sociale (anche in videoconferenza), sulle emergenze Socio-Sanitarie della Calabria, che con il contagio da Covid19 si sono aggravate, al fine di determinare, già in questa fase straordinaria, le azioni utili per un cambio radicale della programmazione sanitaria e sociale nella nostra regione».

Interventi urgenti

«Bisogna – aggiungono i tre segretari – intervenire tempestivamente con scelte obbligate per costruire un’adeguata risposta socio-sanitaria in questa prima fase ed allo stesso tempo preparare le opportune condizioni e senza rischi per le persone, per affrontare la fase di ripartenza, quando questa sarà possibile, secondo i dettami scientifici, con misure a sostegno dell’economia e delle attività produttive della nostra Regione. Così come bisogna verificare le tante situazioni che già da prima non erano chiare e trasparenti e che, con l’avvento della pandemia si sono rivelate in tutta la loro drammaticità. A partire dalla tragedia che si è consumata nelle Rsa, che ha coinvolto nel contagio sia ospiti che operatori e che ha visto registrare per le stesse strutture, un alto numero di decessi riconducibili al virus».

«Rispetto a tutte le strutture Rsa, case di riposo, strutture per disabili psichiatrici e per anziani non autosufficienti, e quindi non solo quelle attenzionate dai fatti di cronaca, è necessario – sottolineano Sposato, Russo e Biondo – conoscere lo stato di attuazione delle indicazioni contenute nei Protocolli per le misure anti-Covid19 del 14.3.20 e del 24.3.20, la regolarità dell’accreditamento delle stesse strutture e delle loro condizioni igienico-sanitarie, nonché le azioni svolte dalle istituzioni competenti per le relative verifiche, sia quelle pregresse che quelle recenti per fronteggiare il virus».

«Tutto ciò per avere riscontro della gravità di quanto avvenuto e per assumere la verità e le responsabilità sullo stato di salute e diagnosi degli anziani e/o disabili psichici ospiti, degli stessi operatori e appurare – proseguono – se sono state adottate tutte le misure di contrasto e contenimento del contagio, a partire dai dispositivi di protezione individuale e se si sono registrate eventuali difficoltà nel reperirli e/o nella sanificazione periodica delle strutture, nella esecuzione dei tamponi e/o dei test sierologici e se si è rispettato il distanziamento sociale».

Verifiche irrinunciabili

«La giunta regionale – è scritto ancora nella nota – deve affrontare queste irrinunciabili verifiche, assumendosi la responsabilità di governare in maniera appropriata le politiche sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, senza immaginare di poter schivare le responsabilità per i corto-circuiti che si sono verificati non solo in ambito socio-assistenziale ma anche nel pubblico a causa della mancanza dei Protocolli certi che avrebbero garantito i necessari interventi tempestivi. Occorre ricostruire l’intero sistema sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale assumendo la centralità delle stesse persone e dei loro bisogni, con l’obiettivo primario di fornire risposte concrete alle varie fragilità».

«Serve ritessere un reale modello territoriale di assistenza socio-sanitaria – evidenziano – con un impegno di spesa rivolto innanzitutto a creare delle micro strutture capillarmente diffuse sul territorio, in modo da evitare la concentrazione di ospiti nelle poche e mal organizzate strutture esistenti, che nel caso dell’attuale pandemia ha causato il contagio di massa. Ma prima ancora di ri-programmare il sistema, bisognerà individuare le varie responsabilità, anche di carattere penale, rispetto ai casi di contagio e ai decessi registrati in queste strutture della Calabria. Sotto questo aspetto le scriventi Sigle confederali e le rispettive Categorie del pubblico impiego non faranno sconti a nessuno! Profondo è il cordoglio che esprimono alle famiglie coinvolte, alle comunità interessate dal contagio da Covid-19. Grande è e sarà, invece, l’impegno nei confronti degli operatori socio-sanitari, costretti spesso a operare in condizioni insostenibili e senza alcun presidio di protezione individuale».

Ruolo attivo della Regione

«Rimane necessario – dicono ancora i tre segretari – l’avvio di un ruolo attivo della Regione, delle Asp, dei servizi sociali, della Protezione civile e con il coinvolgimento diretto dei sindaci. Un’azione che anche nella fase programmatoria, così come è stato in quella dell’emergenza, deve essere accompagnata dalla sorveglianza propositiva e conciliativa delle competenti prefetture. Mai come in questo caso l’adagio “trasformare le difficoltà in opportunità” è più idoneo a tracciare la via da seguire».

«Va rivendicata – continuano – la ricostruzione del sistema socio- sanitario partendo dalle strutture del servizio pubblico che con tutti gli operatori, nonostante le difficoltà, hanno affrontato l’epidemia. Basti pensare alle strutture ospedaliere hub e quelle spoke che vanno potenziate, ridefinendo il numero dei posti letto, da incrementare per le terapie intensive e la rianimazione, contestualizzando un processo di miglioramento complessivo della specifica offerta ospedaliera. Ma occorre partire dalla necessità della de-ospedalizzazione e del decollo della medicina del territorio, fondata sull’avvio delle unità specialistiche di continuità assistenziale, sull’attuazione pratica dei progetti per le case della salute, con il coinvolgimento della medicina generale di base e con l’affermazione dell’attività di assistenza domiciliare integrata e del sociale».

I dipartimenti da migliorare

«Mai come in questo momento – aggiungono inoltre – risulta necessario anche migliorare i Dipartimenti Territoriali della Medicina della prevenzione che sempre di più, in futuro, avranno un ruolo determinante. Le restrizioni per la pandemia hanno fatto ben comprendere i ritardi del Ssr calabrese e consegnata la necessità di investire in tecnologie e digitalizzazione dell’intero comparto sanitario, a partire dall’applicazione in tutto il Ssr del fascicolo sanitario elettronico. Così come va garantita ai pazienti/ospiti, sia nelle strutture pubbliche che in quelle private, l’informazione costante e trasparente rispetto il decorso clinico, la diagnosi e il piano terapeutico. Informazioni che devono essere rese disponibili pure ai familiari. Va garantito il continuo contatto tra pazienti/ospiti e i rispettivi parenti anche attraverso i vari supporti tecnologici».

«Altra grande criticità da affrontare – insistono – è il rapporto fra le strutture sanitarie pubbliche e quelle private. Un rapporto che va ridisegnato rendendo le strutture private funzionali e complementari a quelle pubbliche, con processi di reinternalizzazione nella gestione diretta del servizio pubblico di gran parte delle attività socio-sanitarie ad oggi delegate al settore privato e con un riordino delle prestazioni sanitarie e sociali di cui il servizio pubblico dovrà farsi carico, procedendo all’acquisto dal cosiddetto settore privato in convenzione. Altra regola che le strutture private dovranno rispettare, pena la revoca dell’accreditamento, è quella relativa all’applicazione dei Ccnl afferenti le proprie specificità, senza alcuna possibilità di dumping contrattuale, così come purtroppo è spesso avvenuto senza alcuna sorveglianza e conseguenza per la parte datoriale. Ma l’emergenza dovrà servire, altresì, per riconoscere ai diretti interessati, ai principali protagonisti di questa tragica vicenda tutte le forme di incentivo salariale e professionale previsti dai Ccnl e dalla normativa d’emergenza: gli operatori sanitari e socio-sanitari pubblici e privati. È inutile definirli con toni enfatici “eroi” se non si predispongono gli atti conseguenti a remunerare e ristorare il loro sacrificio e la loro eccezionale abnegazione alla causa. Vanno immediatamente riconosciuti tutti gli incrementi economici previsti dall’art. 1 del decreto legge n. 18 del 17.3.2020 e le premialità aggiuntive a favore del personale sanitario nella fase di gestione connessa alla diffusione del Covid-19, anche con risorse aggiuntive e integrative stanziate dalla Regione Calabria e dalle singole Aziende. Si instauri, sul punto, immediatamente il tavolo negoziale già richiesto dalle Federazioni di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl Calabria».

«Così come deve essere definito, in maniera concreta – puntualizzano ancora –, lo sblocco delle assunzioni del personale sanitario, passando dalle parole ai fatti rispetto all’annunciato Piano Straordinario di reclutamento, indispensabile per porre fine alla cronica carenza di personale preesistente all’emergenza dettata dalla pandemia. È chiaro a tutti che le poche centinaia di unità assunte con contratti a tempo determinato per affrontare l’emergenza non sono sufficienti a risolvere un problema strutturale di carenza di risorsa umana nel Ssr calabrese. Altro aspetto da non sottovalutare è l’esigenza di procedere alla reinternalizzazione di servizi in appalto, garantendo il futuro e la continuità occupazionale ai lavoratori coinvolti, scongiurando sospensioni di importanti settori del servizio pubblico della sanità».

Congelare il piano di rientro

«Infine – concludono –, è chiaro che in tutta questa fase emergenziale né il Decreto Calabria né il commissariamento della sanità calabrese hanno prodotto i risultati auspicati, mettendo in luce tutte le discrasie di una catena di comando che sta registrando troppe interruzioni e incoerenze. Nonostante gli eccessivi tagli alla spesa sanitaria calabrese non sono stati raggiunti gli obiettivi dello stesso Piano per il rientro dal debito, di cui le scriventi chiedono il congelamento, al fine di sganciare il sistema da una zavorra divenuta insopportabile, così come insostenibile e ormai da tempo è divenuto il commissariamento della Sanità in Calabria, cheandrebbe superato».