Paolo Dodaro si trova a Roma dopo essere stato costretto a lasciare la Cina. Sognava di aprirci un ristorante: «Forse è tutto perso»
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«Siamo in quarantena al policlinico militare del Celio a Roma da sabato scorso. Con me, mia moglie e il nostro piccolo di otto mesi ci sono altre cinque persone arrivate da Wuhan. Ogni giorno ci misurano la temperatura almeno un paio di volte, poi tanti test, sia del sangue che, con il tampone, nelle narici e nella gola. Per fortuna tutti i risultati sono negativi. Medici e infermieri ci visitano però sempre e solo con tute impermeabili, cappucci e mascherine». Queste parole sono state rilasciate all’HuffPost da Paolo Dodaro, chef di Borgia, in provincia di Catanzaro.
Il cuoco 42enne lo scorso 22 gennaio aveva deciso con la moglie di andare a visitare la famiglia di lei, in un paesino montano di sole 500 persone a due passi dalla città di Yichan, 200 chilometri ad ovest da Wuhan, epicentro della diffusione del coronavirus.
«Abbiamo avuto sfortuna.- dice Dodaro -. Abitiamo molto più lontano da Wuhan, a Yueyang, ma avevamo qualche giorno di ferie per festeggiare il capodanno cinese. Stiamo costruendo un ristorante italiano in Cina, un progetto molto ambizioso che non so se riprenderò più in mano, forse è tutto perso».
Via dalla Cina
Dodaro racconta i drammatici giorni trascorsi in Cina: «A livello alimentare siamo sopravvissuti grazie all’orto, ma non avevamo abbastanza latte in polvere per mio figlio. Quando la polizia locale mi ha contattato spiegando che l’Ambasciata italiana avrebbe messo a disposizione della mia famiglia un passaggio per raggiungere Wuhan e rientrare in Italia non ho avuto dubbi. Anche la mia famiglia, dalla Calabria, spingeva affinché rientrassi. E così, un paio di giorni dopo, un autista si è presentato davanti alla nostra porta per portarci via».
In viaggio per lasciare la paura alle spalle
Lo chef calabrese non ha avuto alcuna perplessità: «Dovevamo andare via». Così, insieme alla sua famiglia, ha intrapreso un lungo viaggio contrassegnato da continui posti di blocco. «Wuhan l’abbiamo attraversata in auto. Non si vedeva gente in giro. Non c’era nessuno per strada. All’aeroporto di Wuhan ci hanno unito assieme ad una cinquantina di altre persone. Il volo era stato organizzato dalla Gran Bretagna in collaborazione con Italia, Francia e Spagna. Durante la tratta - ha riferito Dodaro all’HuffPost - eravamo tutti ad una grande distanza gli uni dagli altri. Il personale di volo si è fatto vedere il meno possibile e solo completamente incappucciati e con le tute. Niente pranzi o cene, solo snack e pezzi di pane».
Atterrati a Pratica di Mare il trasferimento al Celio: «Abbiamo una stanza tutta nostra, un balcone e una camera con i giochi per Antonio. Dobbiamo solo avere pazienza».