Due anni di reclusione con pena sospesa. È quanto inflitto in primo grado al segretario generale del comune di Corigliano Rossano, Paolo Lo Moro (nella requisitoria il pm aveva chiesto tre anni e sei mesi), al termine dell’udienza di oggi pomeriggio, dal gup del Tribunale di Castrovillari, nel processo che si è svolto con il rito abbreviato, come richiesto dal dirigente accusato di falso ideologico nell’ambito di un processo che ruota attorno ad una presunta storia di furbetti del cartellino tra i vigili urbani e presenze “giustificate” all’allora comandante della Polizia municipale Pietro Pirillo nei verbali di una commissione concorsuale presieduta dallo stesso Lo Moro.
Un processo nel quale erano imputati anche sei agenti della polizia municipale di Corigliano Rossano con al centro proprio il maggiore Pietro Pirillo che nei mesi scorsi aveva chiesto di patteggiare, per poi essere condannato anche lui a due anni con pena sospesa.
I sei vigili avevano formulato istanza di patteggiamento chiedendo la commutazione della pena in sanzione pecuniaria mentre l’ispettore Marcello Milione aveva richiesto l’abbreviato come Lo Moro, risultando condannato ad un anno di reclusione con pena sospesa.

I fatti

I fatti risalgono al 2020. Tra luglio ed agosto la guardia di finanza, oltre a ricostruire numerosi episodi di assenteismo, di illegittimo e ingiustificato allontanamento dal luogo di lavoro e di falsa attestazione della presenza in servizio del vicecomandante Pietro Pirillo (per un totale di circa 30 ore), pizzica anche alcuni agenti – con l’ausilio di telecamere, servizi di osservazione, pedinamenti e interrogatori – a passare il badge del loro superiore: un meccanismo che certifica, così, la presenza di Pirillo anche in sua assenza mentre si allontana dall'ufficio per andare al centro commerciale o per tornare a casa durante l'orario di lavoro.
Il vicecomandante e gli agenti saranno poi accusati, nel maggio 2021, al momento della chiusura delle indagini, a vario titolo di truffa aggravata ai danni dello Stato e fraudolenta attestazione della presenza in servizio. Secondo le tesi dell’accusa, in sostanza, i vigili urbani avrebbero coperto le assenze ingiustificate del loro superiore, poi sospeso per tre mesi dal servizio.
Nel faldone dell’inchiesta confluiscono, quindi, le dinamiche che ruotano attorno a Pirillo. Le figure di Lo Moro e Milione compaiono in una ricostruzione degli inquirenti secondo cui, da membri di una commissione giudicatrice per un concorso, avrebbero attestato falsamente la presenza del vicecomandante Pirillo, nei fatti assente durante le riunioni della commissione stessa.

La rimozione da responsabile dell’anticorruzione

Tre mesi fa, alcune raccomandazioni suggerite dall’Anac al comune di Corigliano Rossano avevano indotto il sindaco di Corigliano Rossano, Flavio Stasi, a sollevare Lo Moro da responsabile dell’anticorruzione, anche a causa dei numerosi incarichi affidatigli dall’amministrazione comunale. Il segretario generale, infatti, per lungo tempo aveva assolto ad interim la figura di dirigente comunale di alcuni settori oltre che responsabile dell’avvocatura comunale.

La vicinanza della giunta e della maggioranza consiliare

All’esito della sentenza giunta in serata, l’esecutivo Stasi e la maggioranza consiliare hanno manifestato vicinanza a Paolo Lo Moro.
«Come esecutivo comunale e maggioranza consiliare di Corigliano-Rossano apprendiamo e prendiamo atto del provvedimento di primo grado reso dal Tribunale di Castrovillari nei confronti del Segretario Generale, Paolo Lo Moro, per una circostanza che attiene l'attestazione della presenza di alcuni dipendenti durante i lavori di una commissione a titolo gratuito. Un fatto, dunque, di carattere formale ma, nell'attesa delle motivazioni della sentenza, non possiamo non esprimere fiducia nei confronti della giustizia e del lavoro della magistratura, nel rispetto delle istituzioni. Al contempo – conclude la nota – desideriamo manifestare vicinanza personale e professionale a Paolo Lo Moro, persona per bene ed appassionata, al quale riconosciamo impegno e competenza e che sappiamo nella sua vita essersi sempre riconosciuto nei valori fondanti della trasparenza e della legalità, fiduciosi che nei successivi gradi di giudizio saprà dimostrare la sua estraneità».