Effettuato l’esame autoptico sulla 87enne travolta, che ha perso la vita, nella centralissima via Aldo Moro di Corigliano-Rossano. Fitto il riserbo circa l’esito dell’ispezione cadaverica, per la cui relazione di approfondimento occorrerà attendere 90 giorni. Secondo quanto trapela, da una prima ricognizione, emerge il dato di una importante lesione cranica. Sull’asfalto la donna è rimasta riversa per un lungo lasso di tempo e i sanitari giunti sul posto, dopo una serie di tentativi di rianimarla, non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso. 

La polizia ha iscritto sul registro degli indagati la conducente della Lancia Musa con l’ipotesi contestata dell’omicidio colposo. La giovane si è fermata subito dopo l’impatto, chiedendo aiuto ai passanti. Una delle vittime che in passato è stata investita racconta al nostro network che è viva per miracolo: «Mi è andata fortunatamente bene, ma con altrettanta fermezza devo ammettere che, ancora oggi, a distanza di anni, evito di attraversare la strada in quel punto come pedone e quando guido l’auto evito di passare da qui». Uno dei punti salienti della pericolosità è da imputare alla presenza delle strisce pedonali troppo a ridosso della curva (tra Via Sibari e Via Aldo Moro) dalla cui strada è possibile immettersi su un’altra corsia.

Due elementi che concorrono a causare continui e costanti incidenti. «Più volte abbiamo cercato di interpellare gli uffici comunali al fine di risolvere il problema, racconta la donna, ma senza ottenere risultati». Altra testimonianza altrettanto importante perviene da chi ha chiamato immediatamente i soccorsi, un commerciante del posto: «Occorre un immediato intervento risolutivo perché il rischio di nuove tragedie è serio ed è reale». Quelle strisce pedonali, insomma, rappresentano una vera e propria trappola per i pedoni.

Ma dalla tragedia emerge anche un altro malfunzionamento: dal luogo in cui si è consumato il dramma, l’ospedale “Nicola Giannettasio” è a circa 300 metri di distanza. Il nosocomio ha una vocazione chirurgico-emergenziale, è dotato di pronto soccorso, di Rianimazione e Intensiva. Ci si chiede: com’è possibile che un incidentato lo si lasci accasciato per strada quando a pochi passi insiste un ospedale di questo tipo ad alta vocazione emergenziale? E mentre si attendono le ambulanze (pubbliche o private) che arrivano da altri centri lontani diversi chilometri? Questo quesito induce a una seria riflessione circa la necessità di rivedere funzionalmente il 118 e ritornare all’organizzazione di un tempo: personale e ambulanze in capo ai pronto soccorso degli ospedali.