Sono trascorsi otto anni dalla tragica morte di Fabiana Luzzi, la giovane bruciata viva a soli 16 anni. Ieri la giornata di commemorazione sul luogo del feroce delitto in contrada Chiubbica nell’area urbana di Corigliano, alla presenza delle più alte cariche istituzionali locali civili, militari e religiose. Tra questi il sindaco di Corigliano Rossano Flavio Stasi, l’assessore regionale Gianluca Gallo, l’assessore comunale Donatella Novellis, i massimi rappresentanti territoriali (carabinieri, polizia locale, commissariato di pubblica sicurezza e stradale, guardia di finanza), le delegazioni del mondo scolastico. Ciascuno dei componenti ha depositato dei fiori sulla lapide. Tutto in rigoroso silenzio.

Alla commemorazione non partecipano sin dal primo anno i genitori di Fabiana, Mario Luzzi e Rosa Ferraro, troppo forte l’impatto con uno scenario che rievoca un momento terrificante. Hanno invece partecipato all’incontro (anche formativo) che si è tenuto al Castello ducale poco dopo, organizzato dall’Associazione Mondiversi “centro antiviolenza Fabiana”.

Sono intervenuti: Antonio Gioiello (presidente Mondiversi), Gianluca Gallo (assessore regionale), Donatella Novellis (assessore comunale), Luigia Rosito (centro antiviolenza), Sonia Leonino (centro antiviolenza), Tina De Rosis (resp. servizi sociali – Comune di Corigliano Rossano), Giovanna Vincelli (Unical- Calabria);  Domenica Catalfamo (assessore regionale). Alcune delle relazioni sono state tenute per via telematica in ossequio alle normative anti-covid.

Stato sott'accusa, carente sulla prevenzione 

Nel corso dell’incontro è intervento il papà di Fabiana, Mario Luzzi che conferma la sua amarezza nei confronti di uno Stato che non si determina con fermezza dal punto di vista della legislazione vigente ed è latitante sul fronte della prevenzione e della sensibilizzazione culturale. «Lo Stato come ha reagito per la pandemia dovrebbe agire a tutela delle tante donne violentate ed uccise».

Commosso e addolorato, Mario Luzzi torna sul tema dei permessi e dei privilegi rivolti a chi si rende protagonista di efferati delitti: «Penso sia facile assumere comportamenti di buona condotta quando si è chiusi in un carcere e si desidera uscire a tutti i costi. La buona condotta bisogna averla prima della consumazione di un reato. Quello che manca nelle famiglie è l’amore, l’altruismo, la bontà nei confronti dei propri simili».

Altro dato su cui il legislatore dovrebbe intervenire è la fase delle indagini preliminari. Qui lo Stato, a parere di Mario Luzzi, è eccessivamente permissivo:« Bisogna stravolgere il sistema e cambiare le regole. A fronte dei primi indizi è necessario intervenire immediatamente, prima che sia troppo tardi».

Da rivedere la legge regionale 

Secondo il presidente Mondiversi Gioiello sono ancora tanti gli ostacoli e le resistenze, soprattutto di carattere culturale, da superare. «Le risorse economiche disponibili per sostenere il sistema dei servizi specialistici dei centri antiviolenza e delle case rifugio è assolutamente insufficiente. In Calabria, inoltre, si accusa un ritardo legislativo che lascia vuoti che producono contraddizioni e conflittualità tra norme regionali e nazionali».

Su questo punto gli assessori Gallo e Novellis, ciascuno per propria competenza, ha assunto l’impegno di lavorare nella direzione di un supporto sostanziale al fine di concretizzare l’idea di una vera e propria rete territoriale antiviolenza.

«La Calabria è ferma alla legge n. 20 del 2007, ha affermato Gioiello, registra quindi un ritardo legislativo datato a prima dell’adozione e della ratifica della Convenzione di Istanbul. Tale ritardo ha rallentato nella Regione la nascita dei servizi specialistici, che a oggi consta di 13 centri antiviolenza e 7 case rifugio. È un sistema che, nonostante i ritardi, negli ultimi anni si è incrementato ed è cresciuto per quantità e per qualità dei servizi erogati. Ma appare disomogeneo, diverse aree e ambiti territoriali della Calabria sono privi di un Centro Antiviolenza o anche di un semplice sportello antiviolenza. Vuoti che potrebbero essere colmati prevedendoli nei piani di zona in via di approvazione nei rispettivi ambiti territoriali del sociale. Inoltre, non può non essere evidenziata la scarsità dei finanziamenti destinati ai Centri Antiviolenza e alle Case Rifugio, assolutamente insufficienti e inferiori alle effettive esigenze».