Affonda nelle sabbie mobili dei suoi stessi debiti, trascinandosi appresso la sorte di centinaia di dipendenti e le speranze di sviluppo industriale delle cinque province calabresi, eppure il Corap si può permettere una sede arredata di tutto punto a Marrakech, in Nord Africa. È quanto emerge dall’ultimo bilancio del Consorzio regionale per le attività produttive, nel quale alla voce “Progetto Marocco” vengono computati 110.479 euro. E 20 centesimi, giusto per essere precisi.
Insomma più di 100mila euro impiegati per tenere in piedi una sede di cui nessuno sa nulla, nemmeno i dipendenti del consorzio. Gli stessi che - per mancanza di liquidità - si ritrovano senza stipendio da mesi, e che minacciano di fermare le attività più nevralgiche del Corap, come la gestione degli impianti di depurazione. Ma più della retribuzione mensile, che spesso non c’è, è il timore di restare disoccupati che angoscia i dipendenti delle vecchie Asi su base provinciale, fuse nel 2016 nel consorzio unico regionale con il decreto numero 115 del presidente della giunta regionale, che diede così seguito al percorso di accorpamento iniziato nel 2013 con Scopelliti e la legge regionale numero 24.

 

Fusione fallimentare  

Dalla nascita del Corap, però, la situazione è andata continuamente peggiorando a causa dello schema suicida seguito dalla giunta Oliverio, che si è limitato a una somma aritmetica dei bilanci delle vecchie Aree di sviluppo industriale su base provinciale, così che i debiti di alcuni sono diventati i debiti di tutti, e anche le Asi che un tempo funzionavano ed erano in attivo, come quella di Crotone, oggi sono alla canna del gas.
Una situazione esplosiva, soprattutto in prossimità delle elezioni regionali, perché potrebbe portare alla luce in maniera dirompente clientelismi e sprechi annidati nelle pieghe del bilancio, alla stregua del Progetto Marocco, che sulla carta sarà anche una grande idea, ma non certo per un ente schiacciato al 31 dicembre del 2018 da una perdita strutturale (cioè non sanabile) di oltre 2 milioni di euro.

 

La legge azzeratutto

La contromossa di Oliverio per disinnescare questa mina che minaccia gli ultimi due mesi di campagna elettorale, è una nuova legge regionale che faccia tabula rasa, che azzeri tutto attraverso una liquidazione coatta amministrativa.
«Un colpo di spugna sulla gestione delle ex Asi portata avanti negli ultimi sei anni». Così definisce il progetto di legge Carlo Guccione, consigliere regionale del Pd, da sempre spina nel fianco del governatore. Lunedì relazionerà in II Commissione regionale, quella che si occupa di bilancio, programmazione economica e attività produttive. All’ordine del giorno ci sono proprio le modifiche alla legge regionale 24 del 16 maggio 2013, quella che decise la fusione delle Aree di sviluppo industriale, proposte su input di Oliverio dai consiglieri Mirabello, Greco e Giudiceandrea, con relatore Sergio. Guccione ci andrà pronto a snocciolare cifre e analisi, con l’intenzione dichiarata di mettersi di traverso a qualunque ipotesi di insabbiamento della vicenda Corap.

 

«Serve un'operazione verità»

«Serve un’operazione verità - dice – per fare chiarezza su una vicenda dai contorni poco chiari, per certi versi torbidi. Si tratta di determinarsi sul destino di oltre cento famiglie e sulla politica industriale della nostra regione. Questo non può lasciarci indifferenti».
Il consigliere stigmatizza il blitz fatto in aula durante una delle ultime sedute, quando la norma è stata «presentata fuori sacco», probabilmente nel tentativo di celare «la volontà e l’interesse di mettere una pietra sopra alle malefatte della gestione targata Oliverio». Un colpo di mano che non è riuscito, tanto che ora il testo è tornato in commissione per approfondimenti.
«Non sono contrario per principio all’approvazione di una procedura coattiva - continua Guccione -, a condizione però che si parta, come ho detto, da un’operazione verità, che si salvaguardino i livelli occupazionali attuali, che si immagini un futuro operoso per il Corap, evitando di accrescere il castello di menzogne costruito per nascondere favoritismi, clientele e, diciamolo con chiarezza, strane ed oscure commistioni». Parole molto forti, che sollevano il problema di gravose «responsabilità che ricadrebbero sul Consiglio regionale al quale per anni è stata impedita qualsiasi discussione sull’argomento, nonostante le interrogazioni e gli ordini del giorno presentati».
Tra gli esempi emblematici di sperpero, Guccione cita proprio la sede a Marrakech: «In questi anni abbiamo dovuto assistere all’effettuazione di spese incoerenti, svincolate da qualsivoglia controllo e atto di programmazione. Fra tutte, si richiamano gli investimenti fatti dal Corap in Marocco dove, a tutt’oggi, l’ente è obbligato al pagamento di canoni di locazione per una sede la cui utilità rimane un mistero per tutti».

 

La controposta di Guccione

Da qui, la controproposta: «Un nostro provvedimento legislativo a salvaguardia delle funzioni e della missione del Corap e di tutti i dipendenti». Nella sostanza, un piano di risanamento e riequilibrio, affiancato contestualmente all’approvazione di uno Statuto e di un Piano industriale, gli stessi che in 6 anni non è sono stati mai approvati, lasciando il consorzio in balia della politica.
«La Regione Calabria – spiega Guccione - ha il dovere di ripianare il debito prodotto nel corso della gestione commissariale mediante il già previsto e autorizzato stanziamento di tre milioni di euro annui per le annualità 2019-2021, aumentandolo attraverso un’apposita norma finanziaria inserita nel prossimo Bilancio di 10 milioni annui per le annualità 2020-2021-2022-2023». Insomma, altri soldi, a patto che questa volta servano a qualcosa. In caso contrario, il timore di Guccione è che i lavoratori finiscano in mezzo a una strada e il patrimonio del Corap (impianti, terreni, infrastrutture) venga svenduto.
«Il governatore - avverte il consigliere regionale - sta cercando di blandire sindacati e lavoratori, promettendo che verranno assorbiti da altre società controllate dalla Regione. Ma questo non accadrà. L’unico suo scopo è porre una pietra tombale sopra la vicenda Corap e le sue innumerevoli magagne per mettere in sicurezza la campagna elettorale».


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