Consulenze legali ad una dottoressa non ancora iscritta all’albo degli avvocati; somme versate per locali mai acquistati; crediti mai riscossi. C’è davvero di tutto all’interno dell’ordinanza di custodia cautelare sulla bancarotta fraudolenta di Multiservizi, la società mista del Comune di Reggio Calabria dichiarata fallita dal Tribunale dello Stretto, con sentenza dell’ottobre 2015. Una montagna di passività, pari ad oltre 28 milioni di euro, a fronte di un valore di realizzo “auspicabile” di 24 milioni di euro. Ma, ad aggravare il quadro, ci sono ulteriori irregolarità gestionali ravvisate dagli inquirenti e poste in luce anche dal liquidatore della società, che evidenzia come vi siano pagamenti di compensi non dovuti agli amministratori per oltre 788mila euro; somme indebitamente pagate al personale e concessione di permessi retribuiti con costi enormi per la società.

 

Andiamo a vedere, allora, i 6 casi più clamorosi di soldi elargiti da Multiservizi per voci che non avrebbero, a giudizio della Procura e del gip, alcun fondamento o comunque non sarebbero giustificati. 

Pur nella complessità che un giro di cambiamenti societari può portare, riteniamo opportuno illustrare alcuni passaggi, per agevolare la comprensione di quanto si andrà a narrare. La società Gst è quella che detiene le quote private di Multiservizi. Originariamente tale società è costituta da Ingest Facility spa (60%), Tibi 15 srl (17%) e “Ing. Demetrio, Pietro e Domenico Cozzupoli snc” (23%). In un secondo momento, Ingest Facility decide di uscire dalla compagine, cedendo le proprie quote. Di conseguenza la Tibi 15 ottiene il 47% e la “Ing. Demetrio, Pietro e Domenico Cozzupoli snc” il 53%. Con l’ingresso della Re.Cim. srl, dei fratelli Antonino e Giovanni Rechichi, che acquistano il 33% del capitale sociale, il restante 33% va alla Brick srl che, come la Tibi 15, è una società posseduta da Michelangelo Tibaldi, che ne è stato legale rappresentante e amministratore unico.

Di seguito gli episodi più eclatanti riportati dal giudice.

Gli ottimi risultati conseguiti

Non bastavano al presidente del CdA ed all’amministratore delegato gli stipendi ogni mese. Fra 2007 e 2008 veniva deciso anche di corrispondere compensi straordinari stabiliti in 150mila euro e 50mila euro per il presidente del CdA, Pietro Cozzupoli, e di 300mila euro e 100mila euro per l’amministratore delegato Michelangelo Tibaldi. La ragione? «Ottimi risultati conseguiti» che, però, scrive il gip «non avevano alcuna giustificazione valida a fronte dei modesti utili conseguiti dalla società».

La rinuncia al credito

Siamo nel 2008 e Michelangelo Tibaldi, amministratore delegato di Multiservizi, propone ai componenti del CdA, che approvano la proposta, di rinunciare alla riscossione del credito di 54.240 euro nei confronti delle società Tibi 15 srl e “Ing. Demetrio, Pietro e Domenico Cozzupoli snc”, attesa la circostanza che “essendosi proficuamente avviata l’attività, dette somme non risultano più necessarie per la gestione dell’attività”. L’interrogativo è: quale logica esiste dietro una simile scelta di rinunciare ad un credito? C’entra forse che le due società siano riconducibili allo stesso Tibaldi ed ai Cozzupoli?

I costi per la ristrutturazione di un locale in affitto mai utilizzato

Siamo sempre nell’agosto del 2008 e la Brick srl concede in locazione alla Gst, per un canone annuo di 24mila euro, un magazzino in via XXIV maggio, civico numero 6, da adibire ad uso ufficio. Il contratto viene stipulato fra Michelangelo Tibaldi, in rappresentanza di Gst, e il figlio Michele Tibaldi, in rappresentanza della Brick srl. Il contratto prevede, oltre al canone di affitto anche onerosi costi di ristrutturazione dei locali a carico del conduttore. La cifra è di 125.972 euro regolarmente liquidati dalla Gst alla Brick. Ma perché una società dovrebbe accollarsi dei costi di ristrutturazione per un immobile che, all’atto della stipula del contratto, viene indicato come in ottimo stato di manutenzione ed esente da difetti? Non è un magazzino che dovrà essere comperato, dunque, come afferma la Procura, delle due l’una: o l’immobile era in “ottimo stato” ed allora le opere di ristrutturazione non erano necessarie, ovvero non era affatto “in ottimo ostato” e pertanto le spese effettuate costituivano un investimento “a fondo perduto”, in altri termini, un espediente per giustificare una dazione di denaro». Si aggiunga che la Gst, di fatto, non andrà mai in quella sede, ma si trasferirà nel 2011 in via XXIV maggio, al civico 9. A giudizio del gip, tale dazione rappresenta un «trasferimento fraudolento di somme di denaro». 

Il preliminare d’acquisto… senza mai acquistare

Decisamente singolare anche l’altro episodio riportato nel provvedimento cautelare e concernente la conclusione di un contratto preliminare di vendita stipulato da Michelangelo Tibaldi con la società Annadue Costruzioni srl per un importo totale di 3.400.000 euro. Il preliminare riguarda l’acquisto di un immobile in via Sant’Anna. All’atto del preliminare la Gst versa una somma di 240mila euro, ma, in seguito, non essendo stato concluso il contratto definitivo, gli amministratori della società non si attivano per richiedere la restituzione dell’anticipo. C’è un altro dato che, però, balza all’occhio. Sebbene la Gst non si attivi mai per richiedere la restituzione di quei soldi, viene comunque iscritta a bilancio la somma dovuta. Ma perché nessuno si attiva per il recupero? Delle due l’una: o il credito è inesistente e, dunque, i bilanci sono falsi, oppure non ci si spiega la ragione per la quale non si sia richiesta tale somma. La risposta, secondo quanto annotato dal gip, sta invece nel fatto che la Annadue Costruzioni srl è riferibile al marito di Francesca Cozzupoli, sorella di Pietro Cozzupoli. Da rimarcare come la sede societaria dell’epoca corrisponda al domicilio di Cozzupoli. 

Le consulenze generose 

Una delle voci più interessanti che emerge dall’analisi del materiale prodotto dal gip è certamente quella riguardante le consulenze a vari professionisti a condizioni che vengono definite «svantaggiose», poiché i compensi sono calcolati sulla base dei ricavi della Gst ed a prescindere dal valore della prestazione fornita. Ad esempio ad un commercialista percepisce un compenso mensile di 20mila euro, per poi, dal 2007, avere un compenso pari all’8% dei ricavi, poi sceso al 7%, ma comunque con un importo garantito di 240mila euro annui, per poi scendere fino a 150mila. Situazioni simili anche per altri professionisti legati al mondo dell’avvocatura, nonché ad addetti alle scritture contabili ed elaborazione di buste paga. 

La consulenza legale ad un “quasi avvocato”

Colpisce non poco il caso di una dottoressa, la quale ottiene, nel febbraio 2009, un contratto di prestazione d’opera per consulenze giuridiche. La donna, laureata in giurisprudenza, è indicata come “del Foro di Palmi” e “di elevato profilo ed esperienza professionale”. C’è, però, un problema: all’epoca dei fatti non era neppure iscritta all’albo degli avvocati, circostanza che si verificherà solo nel novembre 2010. 

 

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