Tutti a chiedersi se gli italiani tra qualche mese faranno la fine del mitico Pippo Franco, che nel celebre film "Ricchi, ricchissimi... praticamente in mutande", un cult degli anni '80, passò le vacanze con la famiglia in una spiaggia libera frequentata da nudisti, oppure se i lidi balneari da Nord a Sud saranno regolarmente aperti con ombrelloni, sedie a sdraio dello stesso colore.

È noto infatti che la recente sentenza del Consiglio di Stato ha messo la parola fine alla tragicomica situazione delle concessioni balneari. Le proroghe sono illegittime. 

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Proprio il nostro network, lo scorso 30 gennaio, aveva illustrato cosa sarebbe potuto succedere se il Governo non avesse messo mano alla faccenda, dopo l'annullamento del Tar della Calabria della delibera di proroga della concessione demaniale marittima del comune di Cassano Ionio. Nel corso di questi mesi, altri provvedimenti dello stesso tenore erano stati emessi dai giudici amministrativi e in un caso, quello della sezione seconda (presidente Ivo Correale, estensore Francesco Tallaro), la sentenza ha ulteriormente chiarito la vicenda. Il collegio, sul punto, ha anche dato un "consiglio non richiesto", ma quanto mai opportuno.

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Ricapitolando

Il Consiglio di Stato, senza tanti giri di parole, ha evidenziato che la «risorsa spiaggia è scarsa» e non si può scavalcare la direttiva Bolkestein, in quanto ciò viola i diritti sanciti dall'Unione Europea. Le amministrazioni locali, da Cassano a Reggio Calabria, sono obbligate a disapplicare le deroghe poste fino al 31 dicembre 2024, visto che i termini assoluti sono scaduti il 31 dicembre scorso. Cosa serve? Che il Governo si dia una mossa. E che successivamente i comuni facciano i nuovi bandi di gara. Ma la soluzione (assolutamente temporanea) potrebbe essere un'altra, non senza difficoltà per i gestori.

Parola d’ordine? Disapplicare

Nella sentenza che riguarda il Comune di Soverato, il Tar della Calabria ha ribadito come "non sia più possibile alcuna proroga automatica e generalizzata delle concessioni demaniali marittime". La proroga ex lege prevista dall'art. 1, commi 682 e 683, della l. 30 dicembre 2018, n. 145, e quella più recente contemplata dall’art. 3 l. 5 agosto 2022, n. 118, “deve essere disapplicata perché in contrasto con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006. Inoltre, la disapplicazione riguarda anche la più recente disposizione normativa recante una previsione di proroga ex lege delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo contenuta nell'art. 10-quater, comma 3, d.l. n. 198 del 2022” scrivono i giudici amministrativi.

Cosa possono fare i comuni per salvare "il salvabile"

E veniamo al "consiglio non richiesto". Nelle more della sentenza, il Tar della Calabria ricorda che "rimane in capo al Comune intimato il compito di curare, nelle more dell’espletamento delle gare, i molteplici interessi pubblici e privati, eventualmente facendo applicazione, dietro richiesta degli interessati, dei tradizionali istituti del codice della navigazione, quali la concessione demaniale marittima provvisoria ai sensi dell’articolo 10 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, recante il Regolamento di esecuzione del codice della navigazione, come consta essere stato fatto in altre realtà locali".

In cosa consiste la concessione demaniale marittima provvisoria

La concessione provvisoria, ai sensi dell’articolo 10 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, «ha funzione di assicurare la gestione dell’area demaniale “per il periodo intercorrente fra la scadenza del relativo atto e la sua rinnovazione”: una volta esaurito quest’ultimo procedimento, anche la concessione provvisoria non può che cessare automaticamente o “di diritto”», specificando che "non vi è un rapporto di continuità tra la concessione demaniale marittima provvisoria e quella definitiva", ed infine che "l’autorizzazione all’anticipata occupazione delle aree per cui è stata richiesta concessione demaniale marittima, nelle more del rilascio di essa, è istituto previsto dal codice della navigazione (art. 38) e il ricorso a tale potere può essere giustificato da ragioni di urgenza legittimamente esposte dal richiedente". Tuttavia, gli aspiranti titolari dei lidi non sarebbero contenti di questa ipotesi in quanto temono che non possa essere riconosciuto loro un indennizzo per l'attività svolta.

La verità (nuda e cruda)

In definitiva, possiamo dire che l'Italia ancora una volta si dimostra incapace di agire in tempi rapidi rispetto a questioni di grande interesse turistico-imprenditoriale. E questo lo hanno scritto, seppur non apertamente, anche i giudici amministrativi, sottolineando che "ad oggi, superato il termine del 31 dicembre 2023, sino al quale la medesima Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con le citate sentenze nn. 17 e 18 del 2021, aveva ritenuto non opportuno far operare la disapplicazione delle varie norme sulle proroghe, tutte le concessioni demaniali marittime la cui originaria durata è stata prorogata per effetto degli interventi legislativi via via succedutisi hanno cessato di avere efficacia".

Tradotto: il Governo italiano ha avuto due anni di tempo. Ed ancora oggi nessuno sa che pesci prendere...