Il vescovo di Cassano annuncia nuove iniziative sulla riforma «che provocherà profonde e laceranti diseguaglianze. Il Paese diventerà Arlecchino»
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Monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Cei e vescovo di Cassano allo Jonio, è diventato uno dei simboli della protesta contro l’Autonomia differenziata. Dalla “Settimana sociale dei cattolici” a Trieste ha rilanciato un monito già risuonato nei mesi scorsi, prima che il ddl Calderoli diventasse legge. Oggi, i timori del presule restano intatti perché la riforma «non solo genera meno opportunità per tutti, quindi più impoverimento, ma renderà l'Italia Arlecchino, con trattamenti estremamente diversi tra regioni che provocheranno profonde e laceranti diseguaglianze».
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«Il nostro Paese – spiega Savino – rischia di diventare un Far West, con una giustizia formale ma senza una giustizia sostanziale. Sull'autonomia differenziata abbiamo parlato perché il nostro compito di pastori è quello di essere vigilanti su tutto ciò che accade nel mondo, nella storia e nei nostri territori. Io mi sono molto impegnato e mi impegnerò ancora di più sul problema dell'Autonomia differenziata».
In un’intervista a La Stampa, il vescovo ha affrontato il tema dell’avanzata sovranista (frenata dai recenti risultati delle elezioni francesi): «Preferisco una democrazia imperfetta all’eventuale dittatura perfetta evocata indirettamente da sovranismi e populismi». Il presule sposa la posizione del Presidente della Repubblica che ha lanciato un allarme sulle riforme, dicendo no alla semplificazione in nome della governabilità.
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«È un monito – dice – che condivido pienamente. La dittatura della maggioranza può provocare derive autoritarie pericolose e difficilmente reversibili. Lo dice anche e soprattutto la storia: se non si agisce con prudenza, la democrazia può diventare autocrazia». Rispetto al premierato, la sua posizione è di attesa vigile: «Cercheremo di capire che cosa significherà concretamente questo premierato, come sarà strutturato. Di certo, ha bisogno di contrappesi istituzionali per non mettere in crisi il governo della democrazia».