La sentenza

Confermato lo scioglimento del Comune di Capistrano, il Tar respinge il ricorso degli ex amministratori

Per i giudici confermati «la presenza della criminalità organizzata sul territorio comunale e i rapporti tra esponenti della malavita e amministratori locali»

di Redazione Cronaca
20 agosto 2024
17:07
Capistrano
Capistrano

Confermato lo scioglimento del Comune di Capistrano, in provincia di Vibo Valentia. Il Tar del Lazio ha respinto un ricorso proposto dagli ex amministratori dell’ente per contestare il Dpr con il quale a metà ottobre scorso è stato disposto lo scioglimento del Consiglio comunale per presunte infiltrazioni della criminalità organizzata.

«Deve ritenersi compiutamente provata, da un lato, la presenza della criminalità organizzata sul territorio comunale e, dall'altro, il rapporto tra esponenti della malavita e amministratori locali», scrivono i giudici.


Il ricorso e la decisione dei giudici

Con l'impugnativa in questione, i ricorrenti, tra l'altro: rappresentavano un errore procedimentale, non avendo la commissione d'accesso rispettato il termine massimo per depositare la propria relazione; evidenziavano come la decisione dello scioglimento sia stata conseguenza di un pregiudizio derivante dalla collocazione geografica dell'ente; e rappresentavano la contraddittorietà del provvedimento. Il Tar, premettendo in linea generale come i ricorrenti non abbiano allegato «alcun elemento per dimostrare l'inosservanza del termine per la produzione della relazione», ha successivamente escluso che il «provvedimento di scioglimento si fondi su un pregiudizio territoriale»; e tutto ciò in quanto «la presenza nell'ambito comunale di consorterie mafiose, non costituisce la ragione del commissariamento dell'ente» essendo stata la decisione basata «su una serie di elementi concreti che dimostrano l'influenza mafiosa sull'amministrazione locale».

«Rapporti opachi»

Sul tema degli «effettivi influssi sulla gestione dell'ente», i giudici hanno inizialmente escluso «che lo scioglimento si basi su un presunto scambio politico mafioso: tale tesi, non trova alcun riscontro negli atti istruttori né nella proposta ministeriale». A fronte di ciò «perdono di mordente le argomentazioni spese da parte ricorrente, atteso che esse si esauriscono nella negazione dell'influenza della criminalità organizzata sull'ente locale, sulla scorta dell'osservazione (pacifica) che nessun amministratore risulterebbe indagato o condannato per reati di tale indole: tuttavia, da un lato, sono acclarati i rapporti opachi (al di là del rilievo penale) con soggetti controindicati e, dall'altro, è evidente il tentativo di mantenere una parvenza di regolarità nel processo elettorale».

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