Gli Alvaro, i Grande Aracri e i big della Locride ai ricevimenti nuziali dei santonofresi. La riunione di malavita allo sposalizio di un consigliere comunale di Cessaniti. Le nozze tra due rampolli che sanarono i rancori tra le famiglie protagoniste della faida di Motticella a Bruzzano Zeffirio (ASCOLTA L'AUDIO)
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Al matrimonio del figlio di «cumpari Micu», il 15 luglio 2012, giunsero da un po’ tutta la Calabria. C’erano gli sposi da festeggiare, ma anche questioni di mafia da dirimere. «Cumpari Micu» è Domenico Cugliari, zio dei fratelli Bonavota, padroni di Sant’Onofrio, omaggiato da casati ‘ndranghetisti di rango. Tra questi, i Grande Aracri, che avevano ormai tenuto a battesimo un Crimine tutto loro. Ciò che avvenne al ricevimento nel 501 hotel di Vibo Valentia, i carabinieri l’appresero il giorno successivo, grazie alla microspia che piazzarono nella tavernetta del boss Nicolino Grande Aracri, a Cutro.
Gli Alvaro di Sinopoli, giunti ormai alla torta, interloquirono con gli uomini mandati a rappresentare Nicolino “Mano di gomma”, inoltrandogli una ’mbasciata: «Ci stiamo per Nicola… Che ci veda bene su questo fatto qua che noi ci uniamo per trovare una pace… Trovare una pace…», le parole degli Alvaro. Grande Aracri, nel rappresentare la questione ai suoi interlocutori, specificava: «Quelli per il fatto di Policastro… di Vincenzo Manfreda… Che ci dobbiamo incontrare». Vincenzo Manfreda era un pezzo da novanta della ‘ndrangheta, assassinato a colpi di fucile in un maneggio di sua proprietà a Petilia Policastro, un delitto eccellente che divenne un problema serio per i clan più potenti della Calabria, quindi anche per gli Alvaro. Una ulteriore dimostrazione del teorema cardine sul quale si fondano le indagini del procuratore Nicola Gratteri e del suo pool: l’unitarietà della ‘ndrangheta. La vicenda affiora dal fermo d’indiziato di delitto eseguito grazie all’operazione della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro denominata Maestrale-Carthago, che ha assestato un nuovo pesante colpo alla ‘ndrangheta della provincia di Vibo Valentia. Alta ‘ndrangheta.
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Quello non fu l’unico ricevimento monitorato dalle forze inquirenti antimafia. Circa un anno dopo, si sarebbe consumato un altro sposalizio importante, quello di Salvatore Bonavota, fratello dell’ex superlatitante Pasquale e del presunto capo dell’ala militare dell’omonimo clan Domenico. Non furono registrati dialoghi, ma tra gli invitati figuravano presenze significative: mafiosi da Locri, Africo, Bovalino, Montebello Jonico, Benestare, Oppido Mamertina, San Leonardo di Cutro. Ciò avvenne in una fase storica molto significativa, tratteggiata in maniera efficace da Giuseppe Giampà, figlio di Francesco detto il Professore ed ex reggente dell’omonimo clan di Lamezia Terme, poi passato passato tra le fila dei collaboratori di giustizia. Disse Giampà all’allora pm antimafia Salvatore Curcio, il 6 novembre 2012: «Volevano passare i Bonavota pure di Vibo pure sotto la provincia di Crotone, si stava diciamo parlando. Noi praticamente volevamo fare, mo ci appoggiavamo a Cutro e poi volevamo fare un locale a Lamezia, un locale, perché noi non siamo aperti come locale a Lamezia».
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In epoca più recente, tra i ricevimenti particolarmente significativo è quello tenuto al Blu Bay Resort di Ricadi per le nozze di un consigliere comunale di Cessaniti, che sposava la sorella della moglie di Giuseppe Mancuso, figlio del boss Cosmo Michele Mancuso e, quindi, nipote del capocrimine Luigi Mancuso. «Nel corso di tale ricevimento, si verifica un vero e proprio summit di ‘ndrangheta – si legge nel fermo firmato dal procuratore Nicola Gratteri e dai pm Antonio De Bernardo, Anna Maria Frustaci e Andrea Buzzelli – a cui partecipano Mancuso Luigi, Raguseo Giuseppe, Barbieri Francesco, Barbieri Antonino, Fusca Nicola, Surace Cristian e Bonavena Francesco, in cui vengono descritte rilevanti dinamiche della criminalità organizzata vibonese e reggina, ben conosciute dal Raguseo Giuseppe. Quest’ultimo – rilevano i magistrati – appare conoscitore dei soggetti di spessore che appartengono alle ‘ndrine e locali di ‘ndrangheta del vibonese».
Nel corso del summit – registrato grazie allo spyware inoculato sullo smartphone di Francesco Barbieri, figura apicale della ‘ndrangheta di Cessaniti, si legge nel fermo – vengono discusse due questioni rilevanti per i presenti: la condotta di un uomo appartenente al gruppo Tripodi di Porto Salvo ed una estorsione in danno del Pizzo Calabro Resort, stretto nella morsa dei boss Peppone Accorinti, Rocco e Tommaso Anello, Francesco Barbieri e Luigi Mancuso, chiamato a pronunciarsi, in quella sede, sulla competenza territoriale correlata alla riscossione e sulla successiva ripartizione dei proventi.
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I matrimoni erano occasioni imperdibili, propizie per rinsaldare alleanze e dirimere le controversie. Eloquente l’importanza che ad uno di questi attribuiva uno degli indagati, Michele Galati, espressione della ‘ndrangheta miletese, invitato ad matrimonio degli africesi assieme, tra gli altri, al boss di Zungri Peppone Accorinti e al suo attendente su Briatico Gregorio “Lollò” Niglia: «Adesso sono venuti per invitarmi ad un matrimonio... Questo Morabito, sono venuti qua e ci hanno invitato al matrimonio, a me, a Peppe, a Gregorio... dice “Ci tengo che dovete venire che è il primo matrimonio che facciamo... che ci sono pure quelli che abbiamo avuto la faida.. che abbiamo sistemato il fatto... e li abbiamo invitati al matrimonio..."». Era il matrimonio che avrebbe sancito definitivamente la pace dopo la cruenta faida di Motticella a Bruzzano Zeffirio, trascinatasi dal 1985 al 1996, con ulteriori propositi vendetta latenti fino al nuovo millennio e poi, definitivamente, sopitisi.