Gravi offese a sfondo sessuale tappezzano le strade del centro reggino. Un episodio sul quale già indagano i carabinieri. Intanto il sindaco Michele Conia sta incontrando le donne oggetto degli insulti sessisti
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Cinquefrondi 2021: per il paese compaiono le “liste delle zoccole”. Addirittura pubblicate a puntate. Non è uno scherzo, ma un episodio grave che certifica quanto ci sia da lavorare in tema di parità di genere. Sono situazioni simili che svuotano ogni discorso se non supportato da investimenti sul tema e interventi culturali. E quando c’è da fare, le istituzioni latitano. Ridurre il tutto ad una ragazzata sarebbe pertanto l’errore più grande, perché è inammissibile pensare di tollerare chi intende colpire le donne in quanto tali.
La denuncia
A denunciare l’accaduto è stato il collettivo cosentino Fem.In. che ha ricevuto la testimonianza di una ragazza del posto sconcertata dalla vicenda. «A Cinquefrondi sono state affisse delle liste per tutto il paese, riportanti nomi e cognomi di donne, intitolate "la lista delle zoccole" - scrive -. Oltre a essere disgustoso, lo trovo violento, sessista e sicuramente manifestazione di un problema che è culturale e sistemico. Da ragazza che è cresciuta in questi luoghi mi sento completamente distrutta. Le ragazze della mia età sono costantemente vittime di slut shaming, per non parlare di altre micro e macro molestie e aggressioni».
Chiude la sua testimonianza con la parte più significativa, dove la speranza espressa indurrebbe ad una triste riflessione. «C'è bisogno di più educazione e, soprattutto, c'è bisogno che se ne parli. Perché su quella lista poteva finirci chiunque di noi, ma il problema di base, il sessismo, la cultura dello stupro, la violenza di genere, è sempre lo stesso».
Le reazioni politiche
Il sindaco di Cinquefrondi, Michele Conia è in costante contatto con i Carabinieri del posto e sta incontrando le donne oggetto degli insulti sessisti per garantire loro il sostegno necessario. Nelle scorse ore, inoltre, si è espresso sui social di riferimento. «Per i tanti saccenti e moralizzatori, le istituzioni devono fare nei luoghi preposti e non su Facebook e spesso devono fare e non dire quello che fanno proprio a tutela delle persone. Usare qualcosa di squallido per speculazioni politiche o per ergersi a giudici è disgustoso - scrive -. Il mio abbraccio sincero vada a chi, in questi giorni, è vittima di atti vili e l'ho fatto, in questi giorni, in modo personale e silenzioso con tante e tanti di voi. In alcuni casi non dovevano servire le "vetrine" (almeno speravo fosse così)». Indirettamente è una risposta alla lista elettorale rivale, “Sì…amo Cinquefrondi”.
«Cinquefrondi non è questo – avevano scritto ieri pomeriggio -. Nel nostro paese esistono realtà associative, persone, donne e uomini liberi che condannano la cultura dell’odio, degli insulti e della gogna pubblica, peraltro anonima, subita in questi giorni da alcune concittadine. Esprimiamo tutta la nostra vicinanza e solidarietà alle donne e alle famiglie coinvolte. Anche questa è violenza, vigliaccheria e ignoranza».
La presa di posizione del collettivo Fem.In.
Il collettivo Fem.In. rimarca a sua volta come «questo genere di fenomeno è consentito da istituzioni che danno prova tutti i giorni di essere sorde, cieche e mute rispetto alla violenza di genere in tutte le sue forme». Un paio di anni fa lo stesso movimento politico cosentino, sul tema, si rese protagonista di una singolare protesta a Reggio Calabria durante il consiglio regionale sulla doppia preferenza. Gettarono sulla scalinata della vernice rossa e il busto di una donna. Rivendicarono l’azione spiegando che «sul manichino, simbolo di ogni donna, grava il peso della politica misogina che porta a ridurre i temi di genere a mera campagna elettorale». Aggiunsero che «il problema non si riflette solamente sul numero di cariche pubbliche affidate alle donne: il sistema patriarcale, determina l'oppressione e la discriminazione di genere in ogni ambito sociale e culturale».