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Catanzaro- Un nuovo traguardo nell'inchiesta della Dda di Catanzaro sfociata nel luglio del 2013 nella maxi operazione "Perseo", diretta dalla Polizia contro il clan Giampà di Lamezia Terme. Il sostituto procuratore Elio Romano ha chiesto il rinvio a giudizio di Piero Aiello parlamentare del Ncd e dell'avvocato Giovanni Scaramuzzino, con l'accusa di scambio di voti, aggravata nel caso di Scaramuzzino dalle modalità mafiose. Per Aiello, la Procura aveva chiesto il carcere e dopo il primo no del Tribunale della libertà, il pm Elio Romano fece ricorso in Cassazione che annullò con rinvio per una nuova decisione. La questione venne ancora una volta portata all'esame del Tdl che pronunciò un secondo no all'arresto del politico, dando ragione al suo avvocato Nunzio Raimondi che si è battuto per dimostrare ai giudici del Riesame l'inesistenza dei rapporti tra il suo assistito e i Giampà. Secondo gli investigatori però il parlamentare all'epoca dei fatti nella coalizione del Pdl, avrebbe "inquinato" il voto delle Regionali del 2010, la tornata elettorale che si concluse con la vittoria schiacciante del candidato del centrodestra Giuseppe Scopelliti ed in cui il senatore raccolse complessivamente oltre 10.400 preferenze risultando il sesto tra gli eletti del Pdl. In particolare Aiello, in concorso con l'avvocato Giovanni Scaramuzzino, avrebbe stretto contatti con il boss, ora collaboratore di giustizia, Giuseppe Giampà, ottenendo sostegno dalle cosche. Aiello, secondo l'accusa, in cambio avrebbe promesso l'affidamento di appalti per la fornitura di materiale vario. L'impianto accusatorio si basa sulla lettura dei verbali del pentito Cappello e sulle dichiarazione rese dal collaboratore Giuseppe Giampà , sia in data 6 febbraio 2013 che il 3 luglio 2013 e sulle dichiarazioni rese dal collaboratore Giuseppe Giampà, da cui si evince che Aiello ha partecipato attivamente in prima persona per ottenere voti in cambio di utilità in vista delle consultazioni elettorali regionali che poco dopo l'incontro si sarebbero tenute. Cappello dichiara "Aiello si è presentato a noi e Scaramuzzino ci presentava come due persone importanti di Lamezia Terme e che potevano fare ottenere diversi voti. Aiello si metteva a disposizione dicendoci di impegnarci che poi lui a sua volta si sarebbe messo a disposizione". Nel secondo verbale, il pentito specifica " il senatore parlò raccomandando di impegnarsi per fargli ottenere più voti possibili, così che dopo le lezioni si sarebbero visti con l'avvocato Scaramuzzino per dare concretezza alle sue disponibilità verso le esigenze imprenditoriali del Cappello e di Giampà». Nello stesso senso depongono le dichiarazioni del pentito Giampà: " una volta eletto egli si sarebbe dovuto mettere a disposizione (...).Noi volevamo entrare nelle forniture della sanità, Aiello rispose che se avesse ottenuto quello che noi gli promettavamo, ovvero un paio di migliaia di voti a Lamezia, si sarebbe messo a disposizione». Il Tdl però si è basato su quattro argomentazioni per bocciare la richiesta di arresto del politico: 1)l'avvocato Giovanni Scaramuzzino era stato l'unico dominus dell'intera vicenda, avendo organizzato nel suo studio legale l'incontro tra malavitosi e il candidato alle elezioni regionali. 2) Prima della riunione, Piero Aiello e i due pentiti non si conoscevano affatto, quindi Aiello poteva ignorare la reale personalità delinquenziale dei sui interlocutori, ove non ne fosse stato previamente informato dallo Scaramuzzino, circostanza, da ritenersi tutt'altro che probabile. 3)Non risulta in alcun modo dagli atti che Aiello sia conoscitore della realtà criminale di Lamezia Terme. 4) Pur apparendo criticabile che taluno si proponga di assumere una carica politico-istituzionale senza preoccuparsi di coloro ai quali chiede sostegno elettorale, tuttavia i dati indiziari non documentano che Aiello avrebbe effettuato alcuna offerta o promessa appartenenti al clan Giampà in cambio di voti. A differenza di quanto avvenne per il politico, in cui la Cassazione si pronunciò con un rinvio davanti al Tdl per una nuova decisione, per Scaramuzzino la Suprema Corte accolse immediatamente la richiesta del pm Romano di mandarlo in cella.
Gabriella Passariello